“Ora ragioniamo sul numero di orsi sostenibile”

Parla il naturalista Zibordi: “Più che spostarli, gli orsi 'in sovrannumero' andranno rimossi tramite cattura per detenzione a vita o abbattuti”

Filippo Zibordi svolge da quasi vent’anni attività di ricerca e comunicazione sulla fauna alpina. Dopo 13 anni dedicati alla reintroduzione dell’orso bruno in Trentino, oggi si occupa di progetti di salvaguardia di altre specie di orsi nel mondo. E’ autore del libro Gli orsi delle Alpi. Chi sono e come vivono (Blu Edizioni, 2017).

Dott. Zibordi, come commenta l'attacco di sabato scorso nei pressi di Terlago, il quarto in Trentino, il secondo nella stessa zona?

Non ho parlato direttamente né con l’aggredito, né con i soccorritori e mi rimane oscuro il motivo scatenante dell’attacco da parte dell’orso. Sicuramente c'è stato, anche se potrebbe non essere direttamente legato ad atteggiamenti messi in atto dall’aggredito o dal suo cane. In ogni caso, l’episodio ci ricorda che l’orso è un animale selvatico, possente e capace di gesti violenti, raramente anche di uccidere.

Come è possibile evitare che simili episodi si ripetano?

Gli incontri tra uomini e orsi restano eventi rari, dal momento che la maggior parte dei plantigradi tende ad evitarci. Gli attacchi all’uomo, pur essendo episodi rarissimi, sono peraltro possibili, ma in Europa meridionale sembrano legati al tentativo di autodifesa di un orso spaventato per l’incolumità propria o della prole: l’orso, in altre parole, attacca per prevenire o neutralizzare una minaccia, non per uccidere. Poi abbiamo un'altra conferma da studi mondiali…

Cioè?

A conferma del fatto che l’aggressività dell’orso è legata alla sua paura nei nostri confronti, a livello mondiale non è mai stata documentata una aggressione nei confronti di bambini, che infatti non vengono visti dall’orso né come prede, né come una minaccia. E’ per questo motivo che sono profondamente convinto che ci sia stato un fattore scatenante anche nell’episodio di Terlago.

E’ possibile stabilire una convivenza tra gli esseri umani ed i grandi carnivori selvatici?

A mio parere, sì. Vista l’elevata densità umana, per sopravvivere sulle Alpi gli orsi devono frequentare territori in cui l’uomo vive, lavora, si sposta, pratica sport. In un contesto del genere, è naturale che si generino conflitti: l’orso può infatti causare danni alle attività umane, in particolare alla zootecnia, all’apicoltura e all’agricoltura, e frequentare aree dove la sua presenza è inopportuna. Gli impatti possono essere minimizzati attraverso opere di prevenzione e i conflitti mitigati attraverso la messa in atto di strategie condivise con le popolazioni umane residenti, ma né gli uni né gli altri possono essere del tutto eliminati. E’ una sfida che i Trentini si trovano ad affrontare nel contesto del ritorno dei grandi carnivori, una sfida che deve essere vissuta con orgoglio dato che ha profonde ricadute sul nostro rapporto con la natura, con i nostri limiti. E quindi sul mondo di domani.

Lei studia da vicino gli orsi. Ci aiuta a capire che animali sono?

Come scrivo nel mio ultimo libro, fin dalla preistoria l’orso è una specie da sempre per noi altamente simbolica: il risultato è che ancora oggi la conoscenza della specie si basa più su miti e leggende che su assunzioni di ordine biologico ed ecologico e l’immagine dell’orso nell’opinione pubblica è spesso scorretta dal punto di vista scientifico. In tutte le popolazioni umane che vivono a stretto contatto con gli orsi, la paura, così come la minaccia che i plantigradi pongono agli interessi umani, dipendono dunque più dalla percezione emotiva del potenziale conflitto che non dal pericolo reale per le persone e dalle perdite economiche: in altre parole, l’attitudine pregiudiziale nei confronti dell’orso assume spesso dei connotati che travalicano gli aspetti di ordine biologico ed ecologico della specie.

Ora c'è chi mette in discussione l'intero progetto Life Ursus e denuncia che gli orsi sono ormai troppi. Che ne pensa?

Il progetto Life Ursus aveva l’obiettivo di salvaguardare l’ultima popolazione di orsi presenti sulle Alpi, come richiesto dalle normative nazionali, europee ed internazionali. Tale obiettivo è stato raggiunto; quanto si è verificato in questi anni era stato anticipato nei documenti preliminari dell’iniziativa: era previsto che gli orsi aumentassero, andando ad occupare aree esterne al Parco Adamello Brenta e al Trentino, era previsto che avrebbero causato danni. E non era esclusa l’ipotesi che avvenissero aggressioni. Pur tuttavia, trattandosi di un progetto complesso, nello Studio di fattibilità redatto nel 1997 si caldeggiava che le amministrazioni coinvolte gestissero a lungo termine la specie con grande attenzione, incentivando la ricerca scientifica, realizzando adeguate campagne di comunicazione e sperimentando le migliori forme di mitigazione del conflitto. Dopo la fase iniziale, i fondi per l’orso sono invece andati diminuendo e oggi ne paghiamo le conseguenze.

Sembra crescere il sentimento anti-orso in Trentino. Da dove ripartire per trovare il punto giusto di equilibrio tra sostenibilità ambientale e tutela di tutti?

Da quanto ho appena detto. Negli ultimi anni gli orsi sul territorio sono aumentati, i danni pure e si sono verificate alcune aggressioni, enfatizzate dai mass media e strumentalizzate da alcune fazioni politiche. Mi sarei stupito se i Trentini fossero rimasti dalla parte dell’orso… Per ricostruire l’atteggiamento costruttivo e positivo che ha caratterizzato i primi anni del progetto Life Ursus servirebbe una maggiore attenzione nei confronti della specie, che passi attraverso i punti che ho elencato sopra: ricerca scientifica, comunicazione e forme di prevenzione e mitigazione dei conflitti.

Da tecnico, pensa che sia possibile contingentare il numero degli esemplari presenti sul territorio, come chiede la Provincia, e attraverso quali tecniche?

Dal punto di vista ecologico, non ha senso parlare di “troppi orsi” perché qualsiasi popolazione in natura si autoregola in base alle risorse disponibili. Oggi sulle Alpi Centrali sono presenti 50-60 orsi (più i cuccioli nati a inizio 2017), la maggior parte dei quali in Trentino. Se, dal punto di vista della variabilità genetica, si tratta di un numero ancora troppo ridotto per garantire la sopravvivenza della specie a lungo termine, è però possibile aprire una discussione su quale sia il numero di orsi “socialmente sostenibile” ai fini della convivenza con l’uomo in un territorio come quello alpino. In questo senso,va però messo in chiaro che, più che spostarli, gli orsi “in sovrannumero” andranno rimossi tramite cattura per detenzione a vita o abbattuti. Come tecnico faunistico, mettendo la conservazione dell’intera popolazione di orsi davanti a quella dei singoli individui, non ci vedrei nulla di scorretto.

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