“Portare la croce dietro a Gesù”

Ger 20,7-9;

Sal 62;

Rm 12,1-2;

Mt 16,21-27

A chi non capita di restarci male, quando qualcuno, a cui teniamo, ci delude, perché la pensa diversamente da noi. Spesso arriviamo a mandare all’aria relazioni importanti a causa diquesta sciocca pretesa di omologare gli altri ai nostri schemi. Fare spazio nella nostra vita a una persona significa invece accettare la sua diversità e originalità; rispettare il suo modo di intendere la vita e le sue scelte, nella consapevolezzache non può sempre soddisfare le nostre aspettative.

Per i discepoli non fu certo facile accettare la missione dolorosa del Signore. In particolare, Pietro, dopo aver proclamato la sua fede nel “Cristo, il Figlio del Dio vivente” (Mt 16,16), nel vangelo di questa domenica manifesta tutto il suo sconcerto di fronte all’annuncio di Gesù, “che doveva andare e Gerusalemme e soffrire molto… venire ucciso e risorgere il terzo giorno”.

Pietro, appena salito al “soglio pontificio”, si permette di prendere in disparte il Signore e di richiamarlo, dicendo: «…questo non ti accadrà mai». No, non poteva succedere che il “suo” Maestro, così carismatico, “potente in opere e parole” (Lc 24,19), finisse come un malfattore su una croce. Si attendeva ben altro da Lui: lo immaginava già un Messia vittorioso che, mentre spezzava con potenza il giogo romano, realizzava i sogni di gloria di Israele, regnando sul suo popolo e sul mondo intero. Questi discorsi di sofferenza e di morte non erano politicamente corretti: allontanavano le folle e deprimevano i discepoli, che sognavano invece i primi posti (cfr. Mt20,20-28).

Pietro fatica a comprendere quel Gesù venuto nel mondo per “andare a Gerusalemme” e lì consumare la sua Pasqua di morte e di risurrezione, per riscattare un’umanità orfana di Padre e bisognosa di essere riammessa al suo cospetto.

O forse chissà, Pietro intuisce fin troppo bene che quel cammino sarà un percorso forzato anche per lui e, atterrito, tenta il tutto per tutto: dà consigli al Figlio di Dio, gli passa davanti, gli suggerisce di rinunciare, diventando così strumento inconsapevole nelle mani di Satana, che proverà fino all’ultimo e con ogni mezzo a sottrargli il calice della passione. Anche Pietro, su cui il Signore edificherà la sua Chiesa (cfr. Mt 16,17), finisce per “non pensare secondo Dio, ma secondo gli uomini”.

San Paolo nella seconda lettura ci esorta, dicendo: «Non conformatevi a questo mondo, ma lasciatevi trasformare rinnovando il vostro modo di pensare, per poter discernere la volontà di Dio». Ed è Gesù stesso che indica a Pietro, ai suoi discepoli e anche a noi il volere di Dio, affermando: «Se qualcuno vuol venire dietro a me rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua».

Il primo atteggiamento da assumere è dunque quello di seguire il Maestro, mai di precederlo: tutti nella Chiesa stiamo dietro al Signore come discepoli, bisognosi di ascoltare la sua Parola e di lasciarci forgiare dai suoi insegnamenti.

Gesù aggiunge, inoltre, di rinnegare se stessi, ossia di non sentirsila misura di tutte le cose, di avere una giusta immagine di sé: Dio ci ha dato dei doni da mettere a buon frutto ma, nel contempo, ci ricorda che nella nostra vita sono presenti anche tante situazioni di debolezza e di limite.

Infine, Il Signore conclude, esortandoci a portare la nostra croce, a farci carico delle nostre sofferenze. Non usa giri di parole: una croce lo attende a Gerusalemme, una croce è sempre presente anche nella nostra vita.

Siamo sinceri: il dolore ci fa paura, vorremmo evitarlo a ogni costo, come Pietro. Le parole di Geremia, che ascolteremo nella prima lettura, ci indicano come affrontare le nostre afflizioni. Il profeta è osteggiato, è diventato “oggetto di derisione”, ci si fa beffe di lui. È tentato di lasciare tutto, di non pensare più a Dio e di non profetizzare in suo nome. Tuttavia, riflette sulla sua vocazione, vissuta come una storia d’amore:nel suo cuore brucia “un fuoco ardente”, che avvolge con le sue fiamme ogni dimensione della sua vita.

Troveremo il coraggio e la forza di portare la nostra croce se come Geremia faremo memoria di Colui che ha conquistato il nostro cuore e dal giorno del nostro Battesimo ha infiammato la nostra vita con il fuoco del suo amore. Solo seguendo Gesù faremo pace con le nostre croci, perché ci sentiremo sostenuti da Lui, resi forti dalla sua presenza: sarà il nostro “Cireneo”, quando ci sentiremo schiacciati sotto il loro pesoe mentre perderemo la nostra vita “per causa sua”, la ritroveremo nella pace del suo Cuore.

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