“Radio Scarpa”, “é roba vissuta e sofferta”

Condino, Livio Tarolli e la curatrice del libro Jasmine Luzzani
“La presentazione del nuovo libro sul nostro ospite è una bella iniziativa, un’occasione che permette di ricordare le esperienze di Livio, fare festa per i suoi novantotto anni, perché il suo compleanno cade proprio sabato, e fare qualcosa fuori dell’ordinario con i nostri ospiti”.

Lo dice il direttore della Apsp “Rosa dei Venti” di Condino Matteo Radoani, ricordando che, sabato 9 settembre alle 16 in sala teatro all’ultimo piano della struttura, verrà presentata quella che è l’ultima fatica editoriale elaborata in casa, il tragico romanzo della dura esperienza di guerra e lager vissuta durante la seconda guerra mondiale da questo lucidissimo castellano frequentante il locale Centro Diurno per anziani.

Curatrice del libro “Radio Scarpa di Livio Tarolli” la giovane Jasmine Luzzani di Ponte Caffaro, laureata in Lettere e Filologia, che si dice particolarmente felice di aver avuto quest’opportunità. “Ho avuto l’onore di avere una testimonianza in prima persona dopo aver sempre letto e sentito di cose simili da diari, libri di storia e fonti terze”, spiega. “Averla in questo modo ti dà emozioni che prima non avevo provato in maniera così forte. E così è stato nel raccontare anche per Livio, col quale è nato un bel rapporto d’amicizia”.

Jasmine lavora alla pubblicazione da aprile scorso, da quando, dopo che Livio e altri ospiti avevano fatto un primo racconto in pubblico per la Giornata della Memoria organizzata da “Rosa dei Venti” e Comune di Borgo Chiese a febbraio, il consiglio di amministrazione le ha dato mandato di fare del suo racconto un prodotto editoriale.

Di fronte a lei ha avuto una persona che seppure anziana ricorda esattamente quanto ha vissuto in quei terribili momenti: “Mi è rimasto impresso tutto, è roba vissuta e sofferta”, ribadisce Livio.

Il terzo libro della collana “Io racconto” della Apsp riporta nel titolo la dicitura “Radio Scarpa” perché come chiarisce ancora Livio le notizie nel lager si portavano con le proprie scarpe da una persona all’altra. Gli internati in questo modo avevano avuto per esempio voce che esistevano campi di sterminio dove v’erano forni crematori per i prigionieri, anche se le informazioni ufficiali fornite dai tedeschi negavano questa realtà.

“Della prigionia mi ricordo soprattutto il gran lavoro che ci facevano fare e la fame; quando sono ritornato pesavo 41 chili”, rammenta Livio, che si è salvato solo perché un medico italiano che faceva anche da interprete l’ha trattenuto come aiutante in infermeria, mentre stava per essere inviato a Mauthausen.

Livio di fatto è stato un primo periodo in un lager vicino a Koenigsberg in Prussia Orientale: “Lì sono stato due mesi. Era il tempo della raccolta delle rape e di tutti i frutti; i contadini – ricorda il novantottenne – venivano a prenderci e a mezzogiorno ci davano da mangiare e non si stava neanche male. Ci lasciavano qualche patata nelle tasche, ma quando arrivavamo al campo ce le prendevano”.

Quando il fronte russo iniziò ad avvicinarsi troppo a quelle zone lui e i suoi compagni furono traslocati in treno in un secondo lager nella zona del bacino della Ruhr, dove erano concentrate molte fabbriche militari che producevano bombe e cannoni. “Noi però abbiamo scelto di lavorare nell’edilizia per respirare aria sana; ma la domenica ci mandavano a pulire gli altiforni, coi ‘matoni che scota’ e le bocche di fuoco che calavano in botti di olio per dargli tempra che facevano ‘‘n fum cativo da stoparsi il naso’, racconta Livio.

Il libro di fatto raccoglie questo e molto altro ancora ed è diviso in tre sezioni: la prima tratta della partenza nel 1940 di Livio per la guerra sul fronte dei Balcani, dove si guadagna anche una Croce al Merito, fino alla sua cattura da parte dei tedeschi avvenuta dopo l’armistizio del 1943; la seconda del periodo della prigionia fino alla liberazione e la terza della difficoltà a rientrare in Italia fino al suo arrivo a Castel Condino. “Alla fine da Brescia ho preso la corriera per tornare a casa ma al ponte di Lavenone si è rotta e ne hanno fatto venire una più piccola; allora per riuscire a tornare a Castello ho viaggiato sul tetto e sono sceso tutto impolverato. Al paese dall’emozione non riuscivo nemmeno a parlare. Mi è venuto incontro il prete del paese che mi ha accompagnato dai miei parenti ed è andato a prendere la mamma…”.

Livio smette di parlare, gli occhi sono lucidi e guardano come per raccontare un mondo di emozioni. Sono cose che si possono solo immaginare; per fortuna però Livio le ha rivelate a Jasmine che le ha trascritte nel libro. E sabato si potranno ascoltare dalla loro viva voce, ricordando che la vita anche nelle cose tragiche rimane comunque maestra.

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