“Dare testimonianza, la nostra arma”

L’intervento del vescovo Muser ha introdotto il tema di quest’anno: “cristiani, coraggiosi, solidali”

Bressanone – “Dare testimonianza oggi è la nostra unica arma efficace”. Si è aperto con le parole di Josef Mayr-Nusser l’intervento del vescovo Ivo Muser che ha concluso il Convegno pastorale di inizio anno, tenutosi lunedì e martedì presso l’accademia Cusano di Bressanone. Dobbiamo “considerare la testimonianza del nuovo beato – dice il vescovo – come fonte di ispirazione per il nostro essere cristiani, ma anche per il cammino della nostra diocesi”. Ecco dunque il titolo del tema annuale: “Sulla tua Parola: cristiani, coraggiosi, solidali”. La prima indicazione pratica è proprio quella di dare spazio, nelle comunità, allo studio e all’ascolto della Parola: “Ringrazio tutti coloro che guidano e offrono incontri biblici, di approfondimento della Parola – anche in piccoli gruppi che però si incontrano regolarmente”.

Ampio spazio dell’intervento è stato dedicato a dire che “i deboli e le persone in cerca d’aiuto” vanno messe “al primo posto”. “Nell’attuazione del Sinodo per questo anno di lavoro in primo piano sta l’ambito d’azione dello stile di vita cristiano”. Affermano i documenti sinodali: “La Chiesa considera il servizio al prossimo importante al pari della liturgia, dell’annuncio e della crescita delle comunità cristiane”. E ancora: “La Chiesa locale tutela i poveri e i deboli, in modo particolare quando l’opinione pubblica si mostra loro ostile. Ci impegniamo per una cultura di accoglienza sensibilizzando la popolazione in questo senso per un confronto critico con l’attuale modello di sviluppo economico”. Che cosa significa, si chiede il vescovo, incontrare il Signore nei più deboli e bisognosi? “Cosa siamo chiamati ad imparare proprio da loro per la nostra vita e il nostro stile di vita? Lo stile di vita cristiano inizia con il riconoscimento della profonda solidarietà tra tutti gli uomini. Dio stesso si è donato in questa solidarietà. Attraverso l’Incarnazione egli ha scelto la debolezza e l’imperfezione umana come via di salvezza e a noi cristiani ha chiesto di seguirlo in questo”. E dunque: “Ogni parrocchia e comunità ecclesiale in questo anno di lavoro si dovrebbe confrontare seriamente con la domanda: Come si riesce a capire che da noi i deboli e coloro che sono in cerca di aiuto stanno al primo posto? In ogni parrocchia dovrebbe esserci un gruppo di lavoro (Caritas parrocchiale) o almeno alcune persone, che si occupano di questa questione. Ogni parrocchia in questo anno di lavoro dovrebbe attuare almeno un passo chiaro e sostenibile di rinnovamento”.

Di grande attualità la questione dei profughi, un tema “che suscita molte controversie. Viene ripreso da tutti, in maniera più o meno competente, a volte anche con toni del tutto privi di umanità e di spirito cristiano. Un tema dove nessuno ha da offrire delle soluzioni semplici, che suscita domande, insicurezze e timori e che ci sfiderà ancora per molto tempo – anche dal punto di vista religioso e pastorale.Nella sfida enorme della crisi dei profughi molto è legato al fatto che non ci siamo soltanto noi. Soprattutto uno slogan mi crea disagio: ‘Prima noi e poi gli altri’. Di esso si nutrono le facili generalizzazioni e le semplicistiche soluzioni populistiche che alimentano l’invidia e che alla fine contrappongono uomo a uomo”.

“Una cosa è sicura”, dice mons. Muser, “l’atteggiamento biblico dell’ospitalità non va riservato solamente a turisti con buone possibilità finanziarie”.

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