Generazione E

Nella sua storia ha coinvolto una generazione composta da nove milioni di studenti, apprendisti, volontari, professori ed educatori

E’ difficile immaginare, in un momento in cui più che ponti s’innalzano muri, milioni di giovani che, dal 1987, attraversano l’Europa, costruendola.

Eppure, da ormai trent’anni, il programma Erasmus – oggi chiamato Erasmus+ – continua ad essere considerato uno degli strumenti che più hanno contribuito all’integrazione europea. Sono 9 milioni i giovani dell’Unione Europea che hanno scelto di spostarsi, per un periodo dai 3 ai 12 mesi, in un altro Paese, per motivi di studio o di tirocinio.

Sono invece quasi 8 mila gli studenti che, dall’Università di Trento, sono partiti per le più disparate destinazioni; mentre sono più di 3700 coloro che hanno scelto come meta per un periodo di studi proprio il Trentino.

La mobilità internazionale è un punto su cui l’Università di Trento sta investendo molto. “Abbiamo aumentato l’importo delle borse per l’Erasmus, stabilite dall’Unione Europea a seconda della destinazione, grazie ai contribuiti dell’Opera Universitaria di Trento”, spiega il professor Flavio Deflorian, vicerettore allo sviluppo internazionale. Difficilmente la cifra copre tutti i costi del soggiorno all’estero; serve comunque un ulteriore investimento da parte delle famiglie. Un investimento che, nel caso di chi studia fuorisede, è già presente.

Oltre a questo, è stato aumentato anche il numero delle borse, per facilitare la mobilità del maggior numero di studenti possibile. La direzione è quella di favorire l’Erasmus, mantenendo però intatta una certa regolarità negli studi: si sta quindi cercando d’individuare un semestre in cui non ci siano esami “fondamentali” per chi volesse trascorrere quel periodo altrove. Il rischio, infatti, è molto spesso quello di non rispettare il proprio percorso formativo, se non di allungare i tempi di laurea.

“Un elemento un po’ critico, sul quale lavorare, è l’attrattiva in entrata”, spiega Deflorian. In questo senso, si è aumentata l’offerta formativa in lingua inglese per i corsi di laurea magistrale, mentre i corsi triennali restano, per il momento, essenzialmente in italiano. Inoltre, grazie al passaparola degli studenti stranieri venuti a Trento, sta anche migliorando l’attrattiva della città che, rispetto ad altre grandi sedi universitarie italiane, è meno conosciuta a livello internazionale. Il bilancio tra studenti in entrata ed in uscita è ancora impari, ma si stanno facendo passi in avanti in tale direzione. “In piccoli atenei come Trento non c’è niente di automatico e di acquisito: bisogna impegnarsi di più per facilitare il flusso in entrata”, è la riflessione di Deflorian.

La necessità e la difficoltà di farsi conoscere vennero a galla già agli inizi. Lo ricordano bene Roberto Toniatti, professore di diritto pubblico comparato, che è stato il primo delegato Erasmus a Trento, e Diana Giovanaz, sua collaboratrice amministrativa in quegli anni. “All’inizio, essendo pionieri, non c’erano certezze, mentre oggi è diventata un’attività di routine; e, come ogni attività di routine, c’è meno creatività”, osserva Toniatti. Inoltre, mentre oggi si ragiona attraverso degli accordi bilaterali tra università, un tempo c’erano gruppi più grandi, che s’incontravano costantemente. Era molto utile che i docenti coordinatori dei flussi Erasmus ed il personale amministrativo si conoscessero, creando delle vere e proprie comunità interuniversitarie. Proprio attraverso la conoscenza reciproca, ricorda Giovanaz, si è ottenuto di poter mandare all’estero più studenti trentini rispetto a quelli stabiliti dal principio di reciprocità.

Il vero punto di forza dell’Erasmus, sostiene Toniatti, è l’esperienza all’estero in sé, che permette di acquisire più consapevolezza della cittadinanza europea e aiuta a combattere gli stereotipi.

Non bisogna farsi spaventare dalla burocrazia che, a volte, rappresenta uno scoglio, è il suggerimento di Sara Dorfelli, studentessa vicentina di Letterature euroamericane, Traduzione e Critica letteraria a Trento. Del suo Erasmus a Vilnius, in Lituania, durante il secondo semestre del terzo anno della triennale, ricorda soprattutto gli incontri con tanti studenti che le hanno insegnato ad impegnarsi per raggiungere i propri obiettivi, tanto che ha già nei programmi un prossimo Erasmus.

Un’esperienza significativa anche per chi, come Laura Folgheraiter, studentessa di Studi internazionali che in Erasmus è stata per 6 mesi a Ratisbona, aveva già fatto alle superiori un anno all’estero negli Stati Uniti. Questo nonostante poi, al rientro, occorra talvolta svolgere delle integrazioni degli esami sostenuti all’estero, e le tempistiche siano spesso lente.

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