“Le vostre paritarie? Una ricchezza”

Dal vicepresidente dell'Agesc un plauso al sistema trentino e un invito al governo: “Più aiuti a deboli e svantaggiati”

E' stata una festa della scuola cattolica, riunita in Cattedrale attorno al vescovo, la ricorrenza di Sant'Alberto Magno (vedi numero scorso di Vita Trentina) dello scorso 15 novembre. Per l'occasione la sezione trentina dell'Agesc (Associazioni Genitori Scuole Cattoliche) guidata da Michele Cristoforetti e da un dinamico direttivo, ha invitato a Trento il vicepresidente dell'Associazione nazionale, Giancarlo Frare, che ha riferito alla radio diocesana Trentino inBlu le sue impressioni. Come appare il sistema della nostra scuola cattolica vista da Roma?

È una splendida realtà. Qui c'è una lunga tradizione di scuole cattoliche volute dalla popolazione, che le ama e le sceglie.

Ad esempio oggi all'Arcivescovile “Celestino Endrici” siamo stati ospiti di una scuola che porta il nome di un vescovo che ha combattuto in altri periodi per una presenza cattolica importante.

L'arcivescovo Lauro Tisi crede molto sull'innovazione anche didattica, come si vede nell'avviata collaborazione a livello di scuole superiori tra i licei dell'Arcivescovile e l'Istituto pavoniano di arti grafiche. Come la valuta?

Guardiamo con molto interesse a questo tipo di esperienze anche perché – non me ne voglia la scuola pubblica – nelle paritarie le innovazioni sono sempre arrivate prima, portando sempre ricchezza a tutto il tessuto dell'istruzione.

Talvolta in dibattiti politici e in certi slogan studenteschi alle scuole cattoliche viene attribuito uno spreco di risorse “pubbliche”. Cosa rispondete?

Le nostre scuole portano allo Stato un risparmio notevole, oltre sei miliardi. Nell'opinione pubblica c'è un pensiero negativo rispetto al fatto che le scuole paritarie ricevono dei contributi. Innanzitutto la stragrande maggioranza dei fondi è limitata alle scuole d'infanzia e primaria, meno le secondarie. Secondo noi, per la scuola italiana è un valore importante mantenere il pluralismo.

In Trentino però qualche scuola ha dovuto anche chiudere. Come avete “incassato” questa situazione?

Davanti a una chiusura c'è sempre sofferenza. In altre parti del paese abbiamo notato che, quando scompare l'ultima scuola cattolica, la popolazione sente di aver perso una ricchezza. Dobbiamo passare dei messaggi diversi, più incisivi, sull'importanza di una scuola plurale. Lo Stato non può fare tutto; la società civile deve dare molto di più e quello delle scuole cattoliche è un intervento importante. Il mantenimento di una pluralità è una ricchezza per il Paese.

Cosa chiede l'Agesc al governo che verrà?

Che si tenga conto dei ragazzi svantaggiati presenti in molti istituti cattolici e di quelli meno abbienti. Questi studenti devono avere una possibilità di istruzione e di scelta educativa. Dovendo chiedere un contributo alle famiglie, invece, si va incontro a una discriminazione che non va d'accordo con la società civile.

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