“Una partita da giocare assieme”

“E' normale che ci sia preoccupazione, ma riscontriamo anche entusiasmo per una partita importante, quella della riorganizzazione del sistema che ha tra gli obiettivi l’integrazione ospedale e territorio”, risponde alle sollecitazioni provocate dall’intervento di Carlo Tenni pubblicato sul n. 44 del nostro settimanale

Impegnato in queste settimane in incontri e dibattiti sul territorio per presentare lo stato e le prospettive della salute e delle politiche sanitarie e la riforma del welfare provinciale, l'assessore alla salute e politiche sociali, Luca Zeni, è intervenuto martedì 21 mattina ai microfoni di radio Trentino inBlu sollecitato dall’intervento a firma di Carlo Tenni, pubblicato sul n. 44 del nostro settimanale. Nella riflessione di Tenni, referente formazione dell’Acos del Trentino e presidente della Consulta diocesana per la pastorale della salute, emergono scoramento, sfiducia e paura per il futuro della sanità trentina, sia al centro come nelle periferie. E si paventa il rischio di una privatizzazione della sanità trentina con il tradimento del cardine della riforma sanitaria, basata sulla sanità pubblica per tutti.

Assessore Zeni, abbiamo dato voce alle preoccupazioni del personale sanitario, o perlomeno di parte di esso, sia al centro come in periferia. Cosa risponde?

Abbiamo in atto una riorganizzazione che si propone tra gli obiettivi l'integrazione ospedale e territorio. Negli incontri di queste settimane abbiamo incontrato oltre 1500 operatori e qualche voce più critica l'abbiamo riscontrata. Teniamo presente che siamo di fronte a un sistema che conta 7 mila dipendenti, più 4 mila persone tra case di riposo e convenzionato. E' normale che ci possa essere preoccupazione. Peraltro riscontriamo anche entusiasmo per una partita importante.

Quanto alla paventata privatizzazione della sanità trentina?

I numeri ci dicono che non ha senso porre la questione. Per le strutture convenzionate negli ultimi sette anni i finanziamenti sono rimasti costanti: 55 milioni di euro su 1 miliardo 200 milioni totali. Quanto alle visite specialistiche (1 milione e 262 mila nel 2016), quelle in libera professione rappresentano il 10 per cento del totale. Con il sistema dei RAO (A-B-C) è il medico a decidere se il paziente deve avere la visita entro 3-10-30 giorni e nel 97 per cento dei casi questi tempi sono rispettati, tanto che il meccanismo è allo studio del Ministero della salute che vuole esportarlo in tutta Italia. E ribadisco comunque la disponibilità al confronto con chiunque per chiarire aspetti organizzativi e recepire segnalazioni, come abbiamo fatto con le Acli.

E’ innegabile che per alcune specialità i tempi si allungano…

Ciò è dovuto a vari fattori – cambio dei medici, pensionamenti, maternità, malattie, infortuni – non programmabili, ma che monitoriamo. Stiamo cercando di migliorare. Abbiamo inserito un “codice argento” per i pazienti anziani iscritti a TreC (la piattaforma online di servizi sanitari per i cittadini trentini, ndr) per favorire la prenotazione più vicina a casa. Sperimentiamo forme nuove per dare risposte alle esigenze dei cittadini.

Dicono gli operatori che i manager della sanità trentina sono più preoccupati di rispettare i budget che non della persona malata.

Stiamo portando avanti con l'Ordine dei medici, il Collegio degli infermieri e con chi si occupa di formazione percorsi sul tema dell'umanizzazione. La sfida è quella di passare dalla cura della malattia a quella del malato: ciò significa cambiare l'approccio culturale a partire dai medici. Su questo il percorso è avviato con la Consulta della salute. D’altro canto occorre comunque prestare attenzione a garantire un utilizzo appropriato delle risorse.

Risorse che restano concentrate più sul centro, che sulle periferie, si lamenta.

Negli anni abbiamo consolidato una rete ospedaliera molto forte, è mancato però un investimento altrettanto forte sui territori. Ecco perché una dei tratti peculiari della riorganizzazione è quella dell'integrazione ospedale-territorio: al malato occorre garantire un seguito a tutto il suo percorso clinico.

Qualche esempio?

Abbiamo avviato una sperimentazione all’Apsp de Tschiderer di Trento per offrire cure intermedie dopo un’operazione evitando un’inutile degenza in ospedale o un ritorno a casa prematuro. Con i medici di territorio o di famiglia stiamo portando a conclusione la lunga trattativa delle Aggregazioni dei medici, abbiamo avviato un percorso con i collegi degli infermieri professionali per l'infermiere di comunità… Si tratta di aspetti organizzativi che hanno come obiettivo non il risparmio – anzi, la prossima finanziaria aumenta le risorse -, ma l’assicurare al malato l'intero percorso di cura.

Il dibattito sulle Aggregazioni Funzionali Territoriali (AFT) previste dalla legge Balduzzi sta scaldando la competizione per il rinnovo dell'Ordine dei medici del Trentino. Lei come la vede?

La legge prevede che i medici di medicina generale siano dei liberi professionisti e quindi anche le scelte organizzative devono passare da un accordo con i sindacati. Abbiamo fatto passi in avanti negli ultimi mesi. A Pinzolo è già partita un’Aft, altre sei sono in fase di allestimento. Il nostro obiettivo è riuscire a far diventare strutturale il lavoro in rete dei medici. Il medico di medicina generale è una figura fondamentale, gode della fiducia del cittadino, ma lavora con schemi organizzativi di 30 anni fa.

Lavorare in squadra significa…

Significa dare un riferimento ai cittadini dalle 8 alle 20, condivisione delle cartelle cliniche dei pazienti, più possibilità di specializzazione.

L’invecchiamento della popolazione comporta un aumento delle patologie croniche. Come incide sull’organizzazione sanitaria?

Questi sono i veri drammi che colpiscono le famiglie. Un dato: si stima che le persone affette da demenze in Trentino siano 8 mila, con un incremento di 200 casi all'anno. La riforma del welfare per gli anziani offre piani individuali di assistenza alla famiglia e all'anziano, uno sportello unico – il cosiddetto “Spazio argento” – che riunirà e coordinerà tutti i professionisti in maniera interdisciplinare per dare risposte dalla prevenzione fino alla casa di riposo passando per il domiciliare.

La scelta di accentrare è sempre vincente? Pensiamo ai punti nascita.

C'è un dato incontrovertibile: in alcune specialità accentrare significa migliorare la qualità e salvare vite umane. Nei casi di infarti e ictus, con l'elicottero abbiamo dimezzato il tempo di intervento e la mortalità. Per quanto riguarda le nascite, abbiamo riconosciuto che anche le distanze incidono sulla sicurezza, tant’è che lo Stato consente deroghe agli standard di sicurezza. Abbiamo attivato sul territorio percorsi con l'ostetrica di riferimento, con visite ginecologiche gratuite. E i riscontri sono molto positivi.

Un altro tema è quello della carenza di medici.

E’ un tema comune in Italia come in tutta Europa. C'è un cambio generazionale in corso, l'età media dei medici è molto alta, e quindi molti sono in uscita. Stiamo lavorando a una riorganizzazione che favorisca la presenza delle altre professioni sanitarie e che sgravi il medico da attività che non sono propriamente cliniche.

a cura di Diego Andreatta e Antonella Carlin

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