Una politica vittima delle sue “curve”?

Quello che una volta era chiamato il pluralismo polarizzato è divenuto un pluralismo radicalizzato

Sapete che nel calcio quando si vuole far riferimento al tifo organizzato delle squadre si parla delle “curve” di cui dispone ogni club. Sono tifosi in genere molto legati alla propria squadra a prescindere da tutto, spesso anche semplicemente dei fanatici, ma i club fanno fatica a non tenerne conto, talora anche quando hanno comportamenti inaccettabili. Bene, qualcosa di simile sta accadendo nella politica italiana.

In un contesto in cui l’astensionismo non si riduce affatto (i recenti casi delle elezioni in Sicilia e ad Ostia sono lì a ricordarcelo) ogni partito grande o piccolo che sia guarda innanzitutto a tenersi legata la sua “curva”. Certo si usano parole di antico lignaggio come “il nostro popolo”, o “la nostra gente”, ma non ci vuole grande capacità analitica per capire che dietro a quelle parole stanno semplicemente i pasdaran delle varie forze politiche, talora anche semplicemente delle correnti interne ad esse. A guidarli ci sono i vari “cerchi magici” che anche grazie ad essi fanno barriera intorno ai leader.

In queste condizioni il panorama politico italiano diventa sempre più ingovernabile. Quello che una volta era chiamato il pluralismo polarizzato, cioè un buon numero di partiti che però tendevano a raccogliersi in pochi “poli” di attrazione, è divenuto un pluralismo radicalizzato, cioè un numero crescente di formazioni, non di rado anche piuttosto piccole, che sono prigioniere di identità di bandiera a cui non riescono mai a rinunciare, neppure per accedere a qualche ragionevole mediazione e a qualche compromesso tattico.

Lo spettacolo è sotto gli occhi di tutti, anche se il campo in cui viene recitato con maggiore convinzione è quello della sinistra. Sebbene sondaggi ed analisi siano lì ad avvertire che disperdendo le forze in molti rivoli non si raggiunge alcun risultato utile e si consegna il governo agli avversari, siano la coalizione del centrodestra o i Cinque Stelle, nessuno riesce a far ragionare gli attori in campo. Ultimamente sono intervenuti personaggi dotati di peso e di carisma, come Prodi, Veltroni, Fassino, ma sembra non ci sia nulla da fare: è dominante la presunzione che sia meglio avere un effimero successo di immagine da soli piuttosto che un risultato di peso, ma ottenuto accettando la regola delle mediazioni.

Del resto a rafforzare questi comportamenti a sinistra c’è l’incertezza circa una reale vittoria dei propri avversari. I Cinque Stelle continuano a blindarsi nel loro splendido isolamento, il che li rende solo relativamente competitivi. Il centrodestra è attraversato ancora da una competizione fra Salvini e Berlusconi che si rinfocola continuamente. Certo si dice che i due sono poi uniti nella tattica elettorale che fa loro superare le divisioni in nome della possibilità di conquistare il potere, ma resta da verificare se l’elettorato non rigetterà con un incremento di astensioni questo modo di comportarsi.

C’è da aggiungere che uno dei tanti pasticci combinati dalla legge Rosato è stata la scelta di consentire che i voti dei partiti che sono sotto la soglia di sbarramento (il 3%) ma sopra l’1% dei consensi possano trasferire i loro voti al partito con cui si collegano. Questo incentiva la formazione di piccoli raggruppamenti e non disincentiva gli elettori dal votarli, perché non saranno voti sprecati. Naturalmente bisognerà poi vedere quanti di questi partitelli raggiungeranno effettivamente la soglia del 1%: a stare ai sondaggi non pochi resteranno al di sotto e allora saranno voti sprecati davvero, ma a priori non si sa e dunque la spinta a mettere in piedi formazioni di quel tipo non manca. Ovviamente nell’ottica poi di presentare il conto ai partiti beneficati da quegli apporti. Certo per correttezza bisogna dire che mettere in piedi un nuovo partito che possa presentarsi alle elezioni è tutt’altro che facile, perché il numero di firme che deve sottoscrivere la lista è stato abbondantemente aumentato tanto che, per esempio, una persona navigata come Emma Bonino medita di non provarci neppure a mettere in piedi la sua nuova formazione. Però poi ci sono gli escamotage di passare attraverso qualche gruppo già presente nelle Camere, nel qual caso si è esentati dalla raccolta delle firme: anche qui con notevoli possibilità di pasticci.

Insomma il panorama più che semplificarsi va diventando più confuso, il che favorisce quel meccanismo di dipendenza di tutti dalle rispettive “curve”. Un modo di fare politica che, se anche solo guardassimo a quel che sta succedendo in Germania, non è esattamente raccomandabile.

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