Il “biotestamento” è legge

La legge sulle disposizioni anticipate di trattamento (Dat), volgarmente nota come legge sul “biotestamento”, è stata approvata in via definitiva dal Senato lo scorso 14 dicembre. 180 i voti a favore, 71 i contrari e sei gli astenuti. Il ddl n. 2801 si compone di otto articoli, afferma “il diritto alla vita, alla salute, alla dignità e all’autoderminazione della persona” e stabilisce che “nessun trattamento sanitario può essere iniziato o proseguito se privo del consenso libero e informato della persona interessata”, includendo nei trattamenti anche “la nutrizione artificiale e l’idratazione artificiale”. L’articolo 4 in particolare introduce le “disposizioni anticipate di trattamento” (Dat), con cui ogni persona maggiorenne e capace di intendere e di volere, “in previsione di un’eventuale futura incapacità di autodeterminarsi”, può esprimere “le proprie volontà in materia di trattamenti sanitari, nonché il consenso o il rifiuto rispetto ad accertamenti diagnostici o scelte terapeutiche e a singoli trattamenti sanitari”. Le “disposizioni” devono essere redatte “per atto pubblico o per scrittura privata autenticata ovvero per scrittura privata consegnata personalmente dal disponente presso l’ufficio dello stato civile del comune di residenza” (che “provvede l’annotazione in apposito registro, ove istituito”) o, in certi casi, presso le strutture sanitarie. Sull’applicazione, il Ministro della Salute relazionerà al Parlamento entro il 30 aprile di ogni anno.

Le reazioni. Don Massimo Angelelli, direttore dell’Ufficio nazionale di pastorale della salute della Cei, boccia il ddl: una legge in materia era “necessaria”, ma quella approvata presenta “lacune” e incontrerà “difficoltà nell’applicazione”. Per il Gruppo di studio sulla bioetica della rivista dei Gesuiti italiani Aggiornamenti sociali la legge sulle Dat “promuove la consapevolezza della complessità delle questioni, afferma il principio del consenso ai trattamenti e il rifiuto di ogni irragionevole ostinazione terapeutica, imposta una relazione tra medico e paziente centrata sulla pianificazione anticipata delle cure, non presta il fianco a derive nella direzione dell’eutanasia”. Pur “suscettibile di miglioramenti”, dovrebbe essere considerata un passo avanti la sua approvazione.

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