“Immersi nello stile di Gesù”

Is 55,1-11;

Cantico Is 12,2.4-6;

1Gv 5,1-9;

Mc 1,7-11

La festa del Battesimo di Gesù non solo porta a conclusione il ciclo liturgico del Natale, ma anche cede il passo al Tempo Ordinario tracciandone il sentiero. Siamo di fronte ad una manifestazione del Signore Gesù. Anticamente, e così ancora nei riti orientali, la liturgia dell’Epifania congiungeva tre manifestazioni: quella ai magi venuti dall’Oriente, il Battesimo al Giordano e il miracolo nelle nozze di Cana.

La Liturgia della Parola di questa domenica ci aiuta con grande maestria ad entrare nella densità teologica di questa festa. Si potrebbe dire che la Parola che ci viene proposta ci offre essenzialmente due ciottoli preziosi da mettere nella nostra bisaccia di viandanti pellegrini sulle strade di ogni giorno. Due inviti da vivere nelle pieghe del nostro quotidiano: ascoltare per vivere ed immergersi nella vita per essere accanto.

La profezia di Isaia è una pagina di straordinaria bellezza. Il popolo in esilio, sfiduciato e privo di speranza si sente rivolgere parole di futuro, di orizzonti alti e di possibilità di vita nuova. L’occasione di questo cambiamento, di questa novità di vita è racchiusa nella misericordia di Dio, nella sua bontà che oltrepassa ogni nostro pensiero di bene: «Quanto il cielo sovrasta la terra, tanto le mie vie sovrastano le vostre vie, i miei pensieri sovrastano i vostri pensieri». La pagina profetica è attraversata da ripetuti inviti ad ascoltare. «Su ascoltatemi, …porgete orecchio e venite a me, ascoltate e vivrete». Sembra che il profeta sia preoccupato di far comprendere al suo popolo, assetato ed affamato di vita genuina, di imparare nuovamente ad ascoltare. Un ascolto che si percepisce come un’impostazione di vita dove la Parola diventa fonte di pensiero, di progetti, di azioni e di decisioni vitali. Ascoltare come adesione di tutto il nostro essere a quella sola Parola che ha la forza di comandare: «l’empio abbandoni la sua via e l’uomo iniquo i suoi pensieri; ritorni al Signore che avrà misericordia di lui». Un ascolto che si fa azione, che cambia radicalmente dal di dentro, che fa aderire la propria vita ad un’altra Vita capace di generare novità, orizzonti altri e alti. Ecco, il primo ciottolo che ci viene regalato per dare gusto alla nostra quotidianità: ascoltare la Parola perché «è necessario che il cristiano e la comunità cristiana attingano alla Scrittura in maniera quantitativamente e qualitativamente prevalente, grande impegno, grande serietà grande fatica che inevitabilmente pongono delle alternative alle scelte del cristiano. Bisogna che comprendiamo che questo è il nostro mestiere fondamentale per essere, restare e crescere come cristiani.» (don Giuseppe Dossetti)

Di fronte alla pagina evangelica di questa domenica occorre senza dubbio un orecchio molto attento, capace di andare oltre la lettera e di entrarne in profondità con appassionato amore. Sì, l’evangelista Marco ama sorprendere i suoi ascoltatori – lettori. A differenza degli altri sinottici, Marco non narra la nascita e l’infanzia di Gesù, ma con questi pochi versetti narra la «natività» di Gesù, della sua immersione (battesimo) nell’umano, del suo farsi uomo, della sua vocazione o del suo manifestarsi come Dio. Non si trova un discorso programmatico, ma come lo vedremo alla fine della sua vita tra due ladroni, così all’inizio della sua storia pubblica si mette in fila con i peccatori. Siamo di fronte ad un Gesù quasi anonimo, che arriva da un’appena accennata Nazareth, che accede in totale semplicità alla folla anch’essa anonima dei battezzati.

Quel «più forte» annunciato da Giovanni Battista, quello che avrebbe battezzato con lo Spirito santo, ora Marco ce lo presenta come un uomo che si incolonna con chi sente il bisogno di manifestare anche pubblicamente la propria inadeguatezza e con loro riceve un battesimo. Si associa ai peccatori desiderosi di vedere agire in sé l’azione di Dio e si lascia fare. Che contrasto! Che sorpresa! È un inizio molto defilato che apre però a insospettate novità!

Di qui il secondo ciottolo che ci viene regalato: immergerci nella nostra storia. Imparare lo stile di Gesù. Chiedere l'esperienza dei drammi del nostro tempo: chiedere un'esperienza non intellettuale, ma interiore, di vera compassione, sofferta. Divenire discepoli di umanità. Esercitare vie di prossimità per portare il lieto annunzio di un Dio che si chiama “Dio con noi”. Quando andammo per la prima volta, nell’aprile 2014, nei Campi Profughi del Kurdistan Iracheno, dove erano rifugiati i cristiani fuggiti dalla violenza dei fondamentalisti sunniti, sperimentammo il senso di questo «immergersi nell’umanità». In quella tragedia umanitaria la gente ripeteva con il sorriso: ora siamo davvero popolo di Dio! Tutti insieme, vescovi, preti, suore, diaconi, famiglie, uomini e donne soli, tutti insieme negli stessi campi, negli stessi containers, in fila ad attendere il cibo, le docce, i vestiti. Insieme, senza privilegi. Insieme perché cristiani. Uniti perché di Cristo. Ci è sembrato di assaporare lo stile di Gesù: solo accettando di attraversare personalmente l’esperienza della compassione, condividendo il destino del proprio Maestro e Signore nelle sofferenze stesse dei suoi fratelli, di cui bisogna prendersi cura, possiamo dirci figli di Dio nella forma di Gesù Cristo. Che questa festa del Battesimo ci insegni a vivere ogni giorno come una manifestazione dell’Emmanuele, che tenacemente continua ad amarci e ad amare il mondo. Buon cammino!

a cura della Comunità monastica di Pian del Levro

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