Chi sei Gesù?

Dt 18, 15-20;

Sal94;

1Cor 7, 32-35;

Mc 1,21-28

Alcuni anni fa durante un pellegrinaggio comunitario in Terra Santa incontrammo allo Studium Biblicum Franciscanum di Gerusalemme padre Lino Cignelli, noto patrologo, che ci parlò della bellezza e della sapienza della Scrittura. Alla fine di quell’incontro arricchente ci disse: «Lo sapete che la Parola di Dio realizza quello che dice se viene accolta con libertà e con la fiducia del cuore? Non è una parola come le altre. Per esempio, quando siete tormentati da pensieri che vi tolgono la vita o quando la paura del domani vi assale dite: “Spirito immondo taci, esci dal mio cuore e non vi tornare più, te lo ordina Gesù”. Provate!». Fummo catturati da quelle sue parole e soprattutto dalla sua esperienziale convinzione dell’efficacia della Parola perché carica di potenza creatrice.

La liturgia della Parola che ci viene donata in questa IV Domenica del tempo ordinario è proprio attraversata dal tema della Parola alla quale bisogna prestare ascolto e a partire dalla quale occorre insegnare, annunciare ed iniziare cammini di liberazione. Si potrebbe dire che più di ogni altro giorno del Signore siamo invitati ad interrogarci: come ascoltiamo la Parola? Ci sentiamo interpellati dall’annuncio di vita che la liturgia festiva ci offre? In che modo le nostre parole sono plasmate dalla Scrittura? Crediamo che la lieta notizia accolta con fiducia possa rigenerarci e liberarci da tante paure che ci paralizzano? Cerchiamo un contatto diretto e immediato con il vangelo di Gesù per ascoltarlo, accoglierlo, meditarlo e condividerlo? Lasciamo che la Parola ritempri la qualità della nostra adesione a Cristo? Questi e altri interrogativi nascono già a partire dalla prima lettura tratta dal quinto libro della Bibbia, il Deuteronomio. Si mette in scena il profeta, l’uomo per eccellenza della Parola. Così il Signore parla a Mosè: «Io susciterò loro un profeta in mezzo ai loro fratelli e gli porrò in bocca le mie parole ed egli dirà loro quanto io gli comanderò». A questa parola autorevole, proprio perché ricca della stessa potenza ed efficacia di quella di Dio, occorre prestare un ascolto attento che richiede l’adesione dell’intera persona. Il monito di Dio è chiaro: «Se qualcuno non ascolterà le parole che egli dirà in mio nome, io gliene domanderò conto». Quindi, parola ed ascolto si incrociano diventando una scuola di vita autentica. In effetti, ben sperimentiamo quanto una sola parola possa determinare in bene od in male relazioni, affetti, sogni, progetti, crescita o interruzione di futuro. Allo stesso modo si potrebbe dire dell’ascolto. Il brano evangelico di questa domenica illumina ancor più questo nostro interrogarci. La parola di Gesù è posta in primo piano ed in lui ritroviamo le caratteristiche del profeta annunciato dal Signore a Mosè nella prima lettura. Ora, prima di ogni altra azione l’evangelista Marco racconta: «E subito Gesù, entrato di sabato nella sinagoga insegnava». Con quel «subito», espressione cara a Marco, si pone in evidenza l’urgenza e la singolarità dell’insegnamento di Gesù. Infatti, la meraviglia e la percezione di essere alla presenza di Dio incorniciano questa lieta notizia: «Ed erano stupiti del suo insegnamento … tutti furono presi da timore». Non ci viene trasmesso che cosa Gesù annunciava, ma si annota: «egli infatti insegnava loro come uno che ha autorità e non come gli scribi». Gesù stesso è l’Evangelo che è confermato, ma anche messo alla prova dall’incontro con «l’uomo posseduto da uno spirito impuro». L’annotazione «di sabato» ci richiama la settimana della creazione quando Dio il sesto giorno si riposò contemplando la bontà e la bellezza di quanto aveva creato. È il giorno della vita donata e liberata! Come Dio, nel racconto della creazione, nel caos dell’oscurità, diede vita all’universo tramite la parola («Sia la luce! E la luce fu!»), così ora Gesù restituisce la piena dignità di creatura fatta ad «immagine e somiglianza di Dio» a quell’uomo prigioniero della non vita e della divisione. Con la sua sola parola, Gesù libera, crea e dona un’esistenza nuova: «Taci! Esci da lui!». La parola imperativa di Gesù si manifesta più forte del turbamento e dell’angoscia. È la parola chiara e forte di Gesù a ridonare libertà, umanità e padronanza di sé alla persona.

Fino a quel momento l’«uomo posseduto da uno spirito impuro» se ne stava tranquillo nella sinagoga in ascolto della Scrittura insieme alla comunità. Solamente l’insegnamento di Gesù lo provoca e lo smaschera: «Che vuoi da noi, Gesù Nazareno? Sei venuto a rovinarci? Io so chi tu sei: il santo di Dio». Quest’uomo parla come se fosse uno e come se fossero in tanti rendendo manifesta la sua divisione interiore e sentendosi minacciato, troppo frettolosamente riconosce la divinità di Gesù («il santo di Dio»). Questo parlare scoordinato rivela che la sua pretesa di conoscere Gesù è un modo di tenerlo in pugno e di tenerlo distante dalla sua vita. Attraverso lo stupore della folla di Cafarnao l’evangelista, al contrario, ci consegna una differente domanda da custodire in noi: «Chi è costui?». Sì, il desiderio di conoscere il volto autentico di Gesù cresce e matura solamente attraverso un cammino quotidiano di ricerca, di liberazione e di conversione. Senza fretta e senza paura. Occorre abitare questa domanda con coraggio, con passione e con pazienza fino alla croce dove insieme al centurione pagano potremo dire: «Davvero quest’uomo era Figlio di Dio!» (Mc15,39). Facciamo nostra la preghiera di sant’Agostino: «Signore mio Dio, mia unica speranza, esaudiscimi e fa’ sì che non cessi di cercarti per stanchezza, ma cerchi sempre il tuo volto con ardore. Dammi tu la forza di cercare, Tu che hai fatto sì di essere trovato e mi hai dato la speranza di trovarti con una conoscenza sempre più perfetta».

a cura della Comunità monastica di Pian del Levro

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