Le fake news e la “logica del serpente”

Fake news: “informazioni infondate – le definisce Papa Francesco –, basate su dati inesistenti o distorti e mirate a ingannare e persino a manipolare il lettore”. Questo il tema scelto per la Giornata mondiale delle comunicazioni sociali del prossimo 13 maggio. Nel Messaggio diffuso mercoledì 24, festa di San Francesco di Sales, dal titolo “La verità vi farà liberi (Gv 8,32). Fake news e giornalismo di pace”, Bergoglio spiega che “le fake news diventano spesso virali, ovvero si diffondono in modo veloce e difficilmente arginabile, non a causa della logica di condivisione che caratterizza i social media, quanto piuttosto per la loro presa sulla bramosia insaziabile che facilmente si accende nell’essere umano”. Francesco individua una chiave di lettura per prevenire e identificare i meccanismi della disinformazione: la definisce “logica del serpente”, colui il quale “si rese artefice della ‘prima fake news’, che portò alle tragiche conseguenze del peccato, concretizzatesi poi nel primo fratricidio e in altre innumerevoli forme di male contro Dio, il prossimo, la società e il creato”. La sua strategia è proprio la mimesi, una strisciante e pericolosa seduzione che si fa strada nel cuore dell’uomo con argomentazioni false e allettanti”.

Il miglior antidoto contro le falsità non sono le strategie, ma le persone. Il Papa attribuisce ai giornalisti, “custodi delle notizie”, una particolare responsabilità. Nella “frenesia delle notizie e nel vortice degli scoop”, il giornalista “non svolge solo un mestiere, ma una vera e propria missione”: deve “ricordare che al centro della notizia non ci sono la velocità nel darla e l’impatto sull’audience, ma le persone”. “Per questo l’accuratezza delle fonti e la custodia della comunicazione sono veri e propri processi di sviluppo del bene, che generano fiducia e aprono vie di comunione e di pace”.

L’invito di Francesco è a “promuovere un giornalismo di pace”: non un giornalismo “buonista”, “che neghi l’esistenza di problemi gravi e assuma toni sdolcinati”; al contrario, “un giornalismo senza infingimenti, ostile alle falsità, a slogan ad effetto e a dichiarazioni roboanti; un giornalismo fatto da persone per le persone, e che si comprende come servizio a tutte le persone, specialmente a quelle – sono al mondo la maggioranza – che non hanno voce”.

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