“Esercizi di libertà”

Es 20, 1-17;

Salmo18;

1Cor 1,22-25;

Gv 2,13-25

«Io non credo in Dio, sarebbe troppo poco, io gli voglio bene»: così don Lorenzo Milani amava descrivere la sua relazione con Dio ponendo l’accento su quella dimensione personale ed affettiva che illumina e dona profondità ad ogni ricerca di fede. Interrogarsi sulla nostra relazione con Dio e sul nostro modo di immaginare il suo volto è l’invito pressante che scaturisce dalla lieta notizia della Terza domenica di Quaresima. La pagina di Vangelo che caratterizza questa terza tappa quaresimale è molto nota ed è comunemente conosciuta come la purificazione del tempio. In verità, si intuisce che il gesto violento di Gesù può essere compreso in pienezza solo come un’azione simbolica simile a quelle compiute dai profeti antichi e quindi portatrice di un significato che va ben oltre un insegnamento riguardante il culto. Dal luogo sacro l’attenzione si sposta sulla necessità di compiere una radicale conversione della nostra relazione con Dio: guardare a Dio Padre attraverso il Figlio amato ed imparare da Lui a vivere da figli. Una domanda subito si impone: il nostro Dio ha un volto di Padre o di mercante? Entrando nella lettura del testo evangelico scaturisce una ricchezza sovrabbondante. Vari temi biblici molto cari all’evangelista Giovanni si intrecciano e ci interrogano. Innanzi tutto, l’espulsione dei mercanti dal tempio è uno dei pochi episodi della vita di Gesù che l’evangelista Giovanni condivide con i sinottici (Matteo, Marco e Luca). Questa quadruplice narrazione di un medesimo evento ci fa comprendere quanto fosse considerato importante dalle comunità cristiane delle origini. Perché, ci domandiamo, custodire la memoria di un tale gesto di Gesù? Quale senso profondo per la nostra vita cristiana? Un ritmo incalzante attraversa questa lieta notizia: Gesù sale a Gerusalemme, trova, scaccia tutti fuori, getta a terra e rovescia. Questa vivacità narrativa ci fa percepire che siamo di fronte ad una parabola in azione attraverso la quale Gesù, come i profeti del Primo Testamento, vuole scuotere e coinvolgere quanti lo stanno vedendo ed ascoltando. Facilmente nascono in noi alcune domande: perché un comportamento del genere? Si tratta di uno scoppio di collera? Dove è andata la misericordia di Gesù? L’evangelista Giovanni attraverso due commenti interrompe la narrazione (cfr. «I suoi discepoli si ricordarono che sta scritto: “Lo zelo per la tua casa mi divorerà”» ed anche: «Ma egli parlava del tempio del suo corpo, Quando poi fu risuscitato dai morti …..») e ci propone lo sguardo corretto per andare oltre la spigolosità violenta del gesto di Gesù. Occorre non fermarsi alla superficie, ma lasciarsi interrogare in profondità da questa Parola. Innanzi tutto, mentre Matteo, Marco e Luca pongono questo episodio dopo l’ingresso trionfale di Gesù in Gerusalemme ed in Matteo e Marco è seguito dalla decisione di mettere a morte Gesù, l’evangelista Giovanni lo situa all’inizio del ministero di Gesù. Ora, questa prima salita di Gesù durante la festa di Pasqua assume un valore programmatico e ci offre una chiave interpretativa per comprendere Gesù, il suo annuncio, i suoi gesti, la sua vita. Fin dall’inizio del suo Vangelo, Giovanni ci comunica la giusta luce per guardare alla persona del Verbo fatto carne e per entrare in relazione con Lui. In continuità con i profeti antichi, che varie volte denunciarono l’idea errata di considerare il tempio come un luogo magico per possedere Dio, Gesù ripete con forza: «… non fate della casa del Padre mio un mercato!». L’espressione «casa del Padre mio» ci introduce in una diversa dimensione grazie alla quale il luogo del tempio diventa uno spazio per una relazione famigliare ed intima con Dio. Si parte dal cuore, dalla profondità della persona per raggiungere la vita nella sua autenticità. Si potrebbe dire che imparare a chiamare Dio con il nome di Padre trasforma la chiesa in casa ed elimina la distanza tra sacro e profano. Infatti, la citazione del salmo 68, «lo zelo per la tua casa mi divorerà», pone l’accento sulla relazione autentica e viva tra Gesù ed il Padre e l’uso del tempo futuro («mi divorerà») ci proietta oltre, fino ad arrivare alla passione, morte e risurrezione di Gesù. Ora, dall’edificio si passa alla vita e dalle pietre si entra nel cuore. Come in un crescendo, la domanda dei Giudei, «Quale segno ci mostri per fare queste cose?», conduce ad un ulteriore passaggio: Gesù stesso si propone come il nuovo tempio nel quale si comunica con il Padre. Quale meraviglia! Gesù risorto è lo spazio nuovo per incontrare Dio Padre, per trovare e sentirsi a casa in Lui. È Lui il vero e unico agnello che Dio stesso offre per noi! Non servono più buoi, pecore e colombe o altre offerte perché in Gesù risorto il culto autentico diventa una vita consegnata e affidata a quel Dio che ci ha liberati da ogni forma di schiavitù (egoismo, orgoglio, indifferenza, disumanità, ecc.). Sì, il Regno di Dio è davvero vicino! Quelle dieci parole di vita trasmesse a Mosè (prima lettura) ritornano ad essere sentieri di libertà da imboccare ogni giorno per gustare la pienezza di una vita vissuta da figli e da figlie di Dio. Osservare i comandamenti, quindi, diviene una risposta d’amore al dono della libertà ricevuto gratuitamente perché Dio ci ama. L’invito è incalzante e coinvolgente: vuoi vivere in pienezza? Entra in relazione con il Risorto, elimina ogni ipocrisia dalla tua vita cristiana ed ascolta con la fiducia del cuore la «Scrittura e la parola detta da Gesù». Ogni giorno, ogni istante. La sfida è lanciata e dona luce splendente alla nostra Quaresima. Ci mettiamo in gioco?

a cura della Comunità monastica di Pian del Levro

vitaTrentina

Lascia una recensione

avatar
  Subscribe  
Notificami
vitaTrentina

I nostri eventi

vitaTrentina