Genitori e figli in Rete

L’iniziativa dell’Agenzia provinciale per la famiglia per rendere più consapevoli mamme e papà

Undici famiglie i cui figli frequentano l’Istituto d’istruzione “Marie Curie” di Pergine, otto che li hanno iscritti al “Pavoniano Artigianelli” e altrettante al “Sacro Cuore” di Trento. Insieme, hanno partecipato al Digital Family Responsability, un progetto sperimentale che ha l’obiettivo di cercare di rendere più consapevoli le famiglie sull’uso dei social network da parte dei figli, di quelli che studiano alle medie come alle superiori.

Aprendo un confronto tra i nativi digitali e quelli che, padri e madri, spesso e volentieri vengono definiti “gerontoinformatici”, in altre parole con poche se non nulle conoscenze della Rete.

Ormai si sa che la Rete può riservare sorprese poco gradevoli, che il cyberbullismo è fenomeno diffuso, i furti d’identità accertati, le molestie all’ordine del giorno. Con conseguenze che, in alcuni casi, si sono rivelate tragiche. Che i genitori ne siano consapevoli e possano aiutare i propri figli ad un uso corretto della Rete, conoscendola, imparandone i meccanismi, facendone schivare i pericoli, ma anche mettendone in luce le opportunità, sono ormai esigenze sempre più avvertite.

Il “Digital Family Responsability-genitori e figli in Rete” è stato uno dei momenti formativi del Safer Internet Day, iniziativa promossa da qualche anno a livello mondiale e che in Trentino, organizzata dall’Agenzia provinciale per la famiglia, rivolta a diverse scuole, è stata spalmata nell’arco di un mese, tra febbraio e i primi di marzo. La psicologa Giulia Tomasi fa parte, insieme ai colleghi Daniele Maramaldo e Matteo Kettmaier, del team di “Navigare a vista” che ha seguito, nel corso di alcuni incontri, genitori e figli coinvolti nel progetto.

“Il lavoro principale – afferma Giulia Tomasi – è stato quello di capire quali erano i temi più avvertiti dalle famiglie riguardo a questa problematica. Ed è stato un momento che ha visto protagonisti, oltreché i genitori, anche i ragazzi perché pure loro avevano bisogno di un confronto aperto, ad esempio sull’adescamento online e sul cyberbullismo come sulla dipendenza da videogiochi”.

I genitori che esigenze hanno manifestato?

“Soprattutto quella di riuscire a creare un rapporto con i loro figli che includesse anche le tematiche riguardanti il virtuale. In molti percepiscono un’incompetenza digitale che crea un muro con i propri figli che invece ne sanno molto, anche se spesso non sono consapevoli dei pericoli”.

A che conclusioni ha portato questo percorso di reciproco scambio?

“Direi che è stata raggiunta la consapevolezza che parlare tra genitori e figli di quello che succede su internet è possibile, oltreché necessario. La delega dei genitori ai propri figli riguardo al mondo virtuale non può continuare. E’ un mondo utile, pieno di potenzialità ma anche pericoloso. E i genitori, che pur fanno parecchia fatica, devono rendersene conto, capire e comprendere. Dall’altra parte, i ragazzi si sono resi consapevoli che anche i genitori possono interessarsi di queste tematiche, che non è una perdita di tempo”.

Iniziative di questo tipo possono avere un futuro?

“E’ stato un progetto pilota. Magari, in futuro, si potrebbe strutturare con una serie più articolata di incontri e riflessioni. Quest’anno abbiamo verificato che i ragazzi hanno voglia di parlare della Rete, dei suoi meccanismi. La difficoltà sta nel creare una relazione in cui la velocità del figlio non surclassi la lentezza del genitore”.

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