Meno carcere, ma non meno sicurezza

Il Consiglio dei Ministri, su proposta del ministro della giustizia Andrea Orlando, ha approvato in secondo esame preliminare la riforma dell’ordinamento penitenziario. Il decreto legislativo, suddiviso in 6 parti, torna ora all’esame delle Commissioni parlamentari per il via libera definitivo, visto che al testo sono state sì apportate modifiche, ma non sostanziali. “Il provvedimento – si legge in un comunicato stampa diffuso da Palazzo Chigi – ha principalmente l’obiettivo di rendere più attuale l’ordinamento penitenziario previsto dalla riforma del 1975, per adeguarlo ai successivi orientamenti della giurisprudenza di Corte Costituzionale, Corte di Cassazione e Corti europee”.

La riforma ha l’intento di “ridurre il ricorso al carcere in favore di soluzioni che, senza indebolire la sicurezza della collettività, riportino al centro del sistema la finalità rieducativa della pena indicata dall’art. 27 della Costituzione” oltre che “diminuire il sovraffollamento, sia assegnando formalmente la priorità del sistema penitenziario italiano alle misure alternative al carcere, sia potenziando il trattamento del detenuto e il suo reinserimento sociale in modo da arginare il fenomeno della recidiva”. “Non c’è nessun ‘svuota carceri’, nei prossimi giorni nessuno uscirà sulla base di automatismi", ha detto il ministro della Giustizia, Andrea Orlando.

Il provvedimento mira anche a restituire “efficienza al sistema, riducendo i tempi procedimentali e risparmiando sui costi”, e a “valorizzare il ruolo della Polizia Penitenziaria”, ampliandone le competenze”.

Per i garanti dei detenuti, “bene ha fatto il Governo a respingere ricatti e minacce” approvando la riforma. Il Coordinamento nazionale dei garanti regionali e territoriali delle persone detenute manifesta un consenso pieno alla decisione del Governo di proseguire l’iter della riforma, respingendo “ricatti e minacce” e riaffermando i principi dell’articolo 27 della Costituzione “su una pena che salvaguardi la dignità della persona e offra delle concrete possibilità di reinserimento sociale”. Ora tocca alle Commissioni parlamentari, che dovranno, scrivono i garanti, “prendere atto del nuovo testo nei tempi prescritti, così il Governo potrà dare il via definitivo alla riforma”.

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