Sempre più soldi per le armi nucleari

Il nuovo rapporto “Don’t bank on the bomb”: massiccio aumento di 81 miliardi di dollari negli investimenti nelle armi nucleari

La Campagna Premio Nobel per la pace Ican (Campagna internazionale per l’abolizione delle armi nucleari) e la Ong olandese Pax hanno pubblicato il Rapporto 2018 “Don’t bank on the bomb” (“Non investire nella bomba”) che registrato il massiccio aumento di 81 miliardi di dollari in nuovi investimenti a favore della produzione di armi nucleari nel 2017, rispetto al 2016. Il Rapporta mostra come siano 20 le aziende che beneficiano maggiormente dell’aumento delle minacce nucleari ed è stato rilanciato in Italia dalla Rete Italiana per il Disarmo, membro di Ican, insieme alla Fondazione Finanza Etica.

Il Rapporto 2018 “Don’t bank on the bomb” rileva tra l’altro che:

– un totale di 525 miliardi di dollari (un aumento di 81 miliardi di dollari, appunto) è stato messo a disposizione delle aziende produttrici di armi nucleari; di questi, 110 miliardi di dollari provenivano da sole tre società: BlackRock, Vanguard e Capital Group;

– 329 banche, compagnie di assicurazione, fondi pensione e gestori patrimoniali di 24 paesi investono in modo significativo in armi nucleari;

– Le 20 maggiori compagnie produttrici di armi nucleari trarranno beneficio dalla crescente minaccia nucleare.

La nota positiva è che dopo l’adozione del Trattato delle Nazioni Unite sulla proibizione delle armi nucleari, 30 società hanno cessato di investire in armi nucleari. E due dei cinque maggiori fondi pensione al mondo stanno disinvestendo dalle armi nucleari. “Se vi state chiedendo chi benefici delle minacce di guerra nucleare continuamente rilanciate da Donald Trump, in questo Rapporto troverete la risposta”, ha detto la Direttrice esecutiva di Ican, Beatrice Fihn. “Sono aziende che mentre aumenta la nostra insicurezza guadagnano sul caos, investendo nella distruzione finale in stile Armageddon”.

Tra le 63 istituzioni finanziarie che hanno adottate politiche per limitare o proibire gli investimenti in qualsiasi tipo di produttore di armi nucleari, per l’Italia figurano Banca Etica (inserita nella “Hall of Fame” del Rapporto) e Intesa-Sanpaolo con Unicredit (ma rimangono nella “Hall of shame” per investimenti negli anni passati).

“I nostri soldi non sono neutri. Una volta depositati in banca o affidati a un gestore finanziario possono alimentare economie con impatti positivi o al contrario estremamente negativi. Il Rapporto permette di informarsi”, ossserva Andrea Baranes, presidente di Fondazione Finanza Etica. La pressione sulle istituzioni finanziarie è uno degli strumenti a disposizione della società civile per un mondo libero dalle armi nucleari. “La richiesta delle campagne italiane – Senzatomica e Rete Disarmo – è che anche l’Italia inizi il percorso di adesione e ratifica al Trattato di messa al bando delle armi nucleari adottato un anno fa dalle Nazioni Unite”, dice Francesco Vignarca della Rete Italiana per il Disarmo.

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