Contro il declino delle api mellifiche

Non è stata però sottoscritta dalle tre Associazioni nazionali di apicoltori. Un confronto costruttivo può servire a trovare un percorso comune

Il 12 giugno 2018 presso la Fondazione Mach di S. Michele si è svolto un convegno che aveva lo scopo di presentare e sottoporre alla firma un documento di denuncia e allo stesso tempo di condivisione di un piano di azione inteso a tutelare la biodiversità delle sottospecie autoctone di Apis mellifera (vedi VT n. 24/2018). Al convegno hanno partecipato in qualità di relatori dieci ricercatori di altrettante università e centri di ricerca di varie regioni italiane. Gli stessi avevano in precedenza collaborato, dopo vari incontri, alla stesura del documento. Eterogeneo ma numeroso il pubblico presente al convegno. Non molti gli apicoltori. Numericamente prevalenti gli entomologi esperti di biodiversità, ecosistemi e difesa dell’ambiente naturale. Il comunicato stampa diffuso a fine convegno riporta un intervento significativo di Paolo Fontana, ricercatore presso la Fondazione Mach in qualità di responsabile dell’Unità operativa apicoltura e promotore dell’iniziativa anche nella veste di presidente di World Biodiversity Association onlus.

“La cosa meravigliosa di questo documento è che la scienza ci dimostra che la tutela della diversità genetica dell’Ape mellifica non solo è fondamentale per conservare gli equilibri ecologici, ma è l’unico presupposto per riportare l’apicoltore ad una condizione di produttività anche dal punto di vista economico. L’importanza di questa sottoscrizione è legata al fatto che per la prima volta nella storia dell’apicoltura la Comunità scientifica italiana, supportata da molti studiosi stranieri, si esprime unitariamente sul problema della conservazione delle popolazioni autoctone dell’ape da miele. L’ape come animale selvatico infatti è un patrimonio di tutti e va tutelato come componente della fauna, anche per assicurare prosperità economica all’apicoltura e garantire le produzioni agricole”.

Non si poteva pretendere che nel comunicato si facesse cenno ad una lettera firmata dai presidenti delle tre associazioni nazionali di apicoltori (ANAI, FAI, UNAAPI) datata 31 maggio 2018 e inviata alla Fondazione Mach. La triade informa di “Non firmare la Carta di San Michele a/ Adige perché non condivide nel metodo e nel merito lo spirito dell’iniziativa, pur animata da sinceri e per gran parte validi propositi”.

Abbiamo chiesto a Paolo Fontana quale reazione gli ha procurato la lettera. “Non sono stupito, ma un po’ deluso. Il nostro è un documento scientifico, non politico. Parliamo solo di api, ambiente e apicoltura. Chi vuole lo può criticare. Ho l’impressione che le Associazioni nazionali abbiano preso posizione contraria perché temono un’invasione di campo da parte del mondo scientifico e che allo stesso vengano assegnati fondi per iniziative contrarie all’apicoltura da reddito”.

Leggendo con attenzione il documento, non abbiamo colto nessuna volontà dichiarata di contrastare un esercizio corretto dell’apicoltura professionale. Il fatto che l’identità genetica delle sottospecie di Apis mellifera denominate Ligustica, Carnica, Siciliana, ecc. sia fortemente compromessa non può essere messo in dubbio. Le cause elencate nel documento sono oggettive. Movimentazione da parte degli apicoltori di ecotipi di ape da una parte all’altra dell’Europa; tecniche di allevamento di api regine non rispettose del DNA dei rispettivi ecotipi; trasferimento di api da una regione all’altra senza controlli ; adozione interessata di ibridi commerciali di api; uso indiscriminato di fitofarmaci dannosi alle api domestiche e selvatiche; azione distruttiva della Varroa nei confronti sia delle api addomesticate sia di quelle che vivono o sopravvivono allo stato libero.

Nel documento non mancano espressioni ardite ovviamente sgradite agli apicoltori professionali. Si parla di api schiavizzate per puro interesse economico dell’uomo. L’ape che trasforma una sostanza naturale quale è il nettare in miele viene paragonata ai cormorani che venivano iugulati perché non ingoiassero i pesci che dovevano servire all’uomo.

Noi siamo convinti che sia possibile organizzare un confronto aperto e professionalmente rispettoso dei punti di vista dei ricercatori e degli apicoltori per intraprendere una strada comune. Non si può ragionevolmente rifiutare a priori un programma che propone iniziative condivisibili: definire un data base nazionale del patrimonio apistico di Apis mellifera su base morfologica e genetica da collegare all’anagrafe apistica; sostenere la ricerca apidologica; operare non in contrapposizione con il lavoro di seleziona svolto dagli apicoltori, ma in armonia con il duplice scopo di conservare la biodiversità apistica e i servizi ecosistemici ad essa collegati.

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