Sui passi di una santità possibile

Una tradizione ormai consolidata, alla trentesima edizione, ed insieme una novità: è il pellegrinaggio da Sanzeno al Santuario della Madonna di Senale organizzato il 19 agosto dal gruppo Samuele. Se il percorso è lo stesso, gli antichi sentieri che si snodano lungo la parte alta della valle di Non, sempre nuova è la proposta con cui i passi si accompagnano. A guidare quest’anno i pellegrini partiti ancora nella notte da Sanzeno è stata l’Esortazione apostolica Gaudete et exsultate, sulla chiamata alla santità nel mondo contemporaneo”, in cui Papa Francesco scrive: «Mi piace vedere la santità nel popolo di Dio paziente: nei genitori che crescono con tanto amore i loro figli, negli uomini e nelle donne che lavorano per portare il pane a casa, nei malati, nelle religiose anziane che continuano a sorridere. In questa costanza per andare avanti giorno dopo giorno vedo la santità della Chiesa militante. Questa è tante volte la santità “della porta accanto”, di quelli che vivono vicino a noi e sono un riflesso della presenza di Dio, o, per usare un’altra espressione, “la classe media della santità”».

Così durante il pellegrinaggio è stato possibile, ad ogni tappa, ascoltare persone molto diverse mentre ci raccontavano della santità della porta accanto intravista dentro l’esistenza di altri oppure il proprio tentativo di declinare passi di santità possibile dentro il quotidiano.

Giorgio, un agricoltore noneso, alla tappa di Malgolo ha parlato della santità come impegno nel combattere la tentazione di isolarsi, oppure nel contrastare l’invidia con la benevolenza, la fretta, che talvolta in certi periodi di lavoro intenso fa dimenticare tutto e tutti, con il dedicare tempo anche alla parrocchia, il riporre la fiducia in Dio anche quando dopo tanto lavoro la grandine o il gelo compromettono il raccolto.

Alla sosta successiva, nella chiesetta di san Bartolomeo, Gabriella, volontaria AVULSS, ha narrato la santità delle persone che incontra alla casa di riposo, fatta di accettazione delle limitazioni, di umiltà per il dover cambiare ambiente, lasciare la propria casa, vivere con persone che prima non si conoscevano dentro una nuova famiglia allargata, di paziente attesa della visita delle persone care. Santità coltivata quando il cammino si fa ripido per l’età o la malattia.

Al bivio per Seio, Mino, un senatore (ma non trentino) ha evidenziato la possibilità della santità attraverso alcune consapevolezze: il senso del limite, contro il rischio di convincersi di poter fare tutto; l’appartenenza ad una comunità contro la tentazione di viaggiare per conto proprio; l’autenticità contro la falsità e la disinformazione; lo stile sobrio contro l’ostentazione.

Arrivati alla cappella della “Madonna brusada”, è stato Nicola, medico, a ricordare la santità delle persone che incrocia in ospedale: i malati che vivono la prova, medici, infermieri, operatori sanitari che esprimono tratti di santità nel “prendersi cura”, amici e familiari dei malati che donano il tempo di una visita, magari ripetuta, volontari, sacerdoti, cappellani…

Testimone speciale nella chiesa di Fondo, è stato il nostro vescovo Lauro che ha lodato questa iniziativa perché parte proprio da Sanzeno, dove la Chiesa di Trento ha le sue origini. “Questa esortazione del Papa è passata un po’ sotto traccia anche in ambito ecclesiale, ha continuato mons. Tisi, invece è un documento innovativo, bellissimo, proprio perché addita una santità che è normalità di vita vissuta con e per gli altri”. Come fare proprio questo percorso? Ancora il vescovo suggerisce il modo: lasciandosi sedurre da Gesù Cristo, contemplando la sua vita, in particolare i trent’anni nascosto a Nazareth, la lavanda dei piedi, il porgere l’altra guancia. Al vescovo, per le attività portate avanti nel carcere di Trento da don Mauro Angeli, andrà anche il segno della concreta solidarietà dei pellegrini.

Nella seconda parte del percorso, a Tret, Michela, insegnante di matematica nella scuola superiore, ci ha parlato altre tracce di santità feriale: mamme abbandonate che dedicano tutta la loro vita a crescere i figli, ragazzi meno fortunati degli altri che pure offrono tempo ai compagni, giovani che si impegnano per diventare persone nuove. Se si cammina in cordata, diceva Michela, la santità del quotidiano è possibile!

Nella chiesa di San Felice, Sara e Antonio con i loro tre figli hanno testimoniato come abbia fatto gola questa santità umile, di tutti i giorni, così come la declina il Papa, fatta di sopportazione, pazienza, mitezza ma anche gioia e senso dell’umorismo. All’arrivo al santuario, Loretta, nonna e vedova, ha ripercorso il proprio cammino di affidamento al Signore nei momenti difficili, piccoli passi di fiducia quotidiana. Ed ancora nel pomeriggio, prima della Messa, l’amica Christl, ha donato ai presenti una riflessione sulla spiritualità dei piccoli passi.

Come un coro, tante voci che hanno dipinto di vari colori una santità possibile, quotidiana, accessibile a tutti.

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