Uno scienziato tra gli operatori agricoli

Versini ha lavorato all’approfondimento e al miglioramento degli aspetti tecnologici dei processi di produzione, trasformazione e affinamento e alla tutela della loro genuinità e origine

Laureato in chimica a Padova nel 1974, Giuseppe Versini ha operato ininterrottamente nel Laboratorio chimico di analisi e ricerca dell’Istituto Agrario di S. Michele a/Adige fino a diventarne coordinatore nel 1995. Incarico che ha mantenuto fino al suo pensionamento. Grande esperto di gascromatografia applicata alla caratterizzazione dell’uva e dei suoi derivati, ma anche di altri alimenti, ha lavorato all’approfondimento e al miglioramento degli aspetti tecnologici dei processi di produzione, trasformazione e affinamento e alla tutela della loro genuinità e origine.

In quest’ultimo settore ha operato, tra i primi in Europa, nel campo delle tecniche spettroscopiche NNR e di massa isotopica con finalità di riscontro e tutela di origine, processo e genuinità.

A fronte della sua attività di ricerca, spesso molto avanzata e innovativa per gli anni nei quali si realizzava, Versini ha avuto l’indiscusso merito di mantenere un forte aggancio al trasferimento tecnologico nella pratica sia in campo enologico che in quello delle grappe di cui è stato uno degli indiscussi massimi esperti. La concretezza della sua attività gli ha fatto meritare i due più alti riconoscimenti nazionali nel campo della ricerca applicata all’enologia conferiti dall’Associazione enologi enotecnici italiani nel 1985 e, per l’intera carriera scientifica, nel 2002. E’ morto il 18 ottobre 2010.

Continuità storica

Giuseppe Versini è stato assunto all’Istituto Agrario di S. Michele a/Adige nel 1974, diventando ben preso collaboratore diretto di Giulio Margheri che aveva assunto la direzione del laboratorio chimico l’anno prima, prendendo il posto del prof. Franco Defrancesco. C’è una continuità ideale oltre che storica fra i tre personaggi. Li accomuna l’innata passione per la ricerca unita indissolubilmente dalla naturale predisposizione al trasferimento dei risultati nella pratica. Non è casuale il titolo “Molecole tra le mani” che introduce il capitolo dedicato al laboratorio chimico nel volume “S. Michele cento anni dopo“ pubblicato in occasione della celebrazione del primo centenario di fondazione (1874-1974).

Il prof. Defrancesco era stato chiamato a S. Michele nel 1958 dal Laboratorio chimico provinciale di Trento. Si deve in buona parte a lui se la struttura opportunamente potenziata nelle attrezzature e nel personale ha guadagnato una grande fama anche in campo internazionale. Fin dalla fondazione l’Istituto agrario provinciale con annessa Stazione sperimentale disponeva di un laboratorio chimico. Ma l’attività che vi si svolgeva, affidata peraltro a una o pochissime persone, si limitava ad analisi di carattere ordinario. Essa riguardava infatti vini, concimi chimici ed altri prodotti industriali forniti agli agricoltori.

La nuova impostazione data al laboratorio dal prof. Defrancesco si rispecchia nella nuova denominazione “Laboratorio di analisi e ricerca”. Defrancesco procedette all’assunzione di un gruppo di collaboratori giovani e come lui amanti della ricerca applicata ai prodotti agroalimentari con particolare riferimento a quelli che provenivano dal comparto agricolo trentino. Giulio Margheri faceva parte del gruppo e gli succedette nella direzione nel 1973.

Esperto di aromi

A livello internazionale Le viene riconosciuto un ruolo di grande esperto nel campo degli aromi. Quali sono le tendenze e le innovazioni più importanti in questo settore?

“L’Istituto ha puntato fin dagli anni Settanta sullo studio della componente volatile dei vini a partire da quella delle uve e quindi di quella importantissima parte derivata dai processi microbiologici ed evolutivi, per la rilevanza giocata sul giudizio qualitativo dei prodotti. Allora si erano rese finalmente disponibili, infatti, tecniche analitiche utili a separare e identificare nei suoi singoli componenti, miscele assai complesse di aromi che si estraevano dagli alimenti. Era nata la gascromatografia con le colonne capillari. E’ quindi maturata un’ampia esperienza analitica anche per la possibilità di relazionarsi con importanti centri di studio esteri, soprattutto tedeschi, francesi e sudafricani. Si sono raggiunti importanti risultati nel definire le peculiarità aromatiche delle nostre varietà e produzioni studiando le possibilità di migliorarle fin dal vigneto con la collaborazione del settore viticolo o mirando al ruolo delle scelte enologiche con l’importante apporto della cantina di microvinificazione e della microbiologia. Diverse sono state le sostanze identificate con il contributo di IASMA, delle quali si è messo in luce uno specifico ruolo nel contribuire all’aroma dei vini, sia in termini positivi che, talora, negativi”.

(Da un’intervista rilasciata a Silvia Ceschini pochi giorni dopo il pensionamento avvenuto nel 2006)

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