I grassi nella tradizione alpina

Non solo burro e olio di oliva

Olio di oliva e burro sono sicuramente i grassi che al giorno d'oggi utilizziamo di più in cucina. La scelta (più o meno consapevole) tra i due è in genere legata principalmente a fattori salutistici ma anche culturali e geografici.

Ricercando tra le antiche ricette della tradizione alpina si scoprirà che questa grande catena montuosa non ha per lungo tempo segnato soltanto un confine politico, ma ha inciso profondamente anche sulle abitudini alimentari dei popoli a sud e a nord di essa. E l'esempio più concreto di questa diversità è evidente proprio nei grassi utilizzati per cucinare.

Il grasso è fonte di energia e allo stesso tempo è il principale vettore del sapore, sia esso buono o cattivo. Prima del diciannovesimo secolo, quando anche sulle Alpi si fecero strada tecniche innovative per l'estrazione del grasso dalle piante oleaginose, si utilizzavano quasi esclusivamente strutto e sego (grasso bovino e ovino). Quest'ultimo, molto meno costoso dello strutto e del burro, era di difficile digestione e a lungo andare provocava anche pesanti disturbi gastrici. Nei periodi di grave miseria era l'unico ad essere disponibile e inoltre aveva l'inconveniente di essere difficile da conservare: sego raffermo maleodorante è stato per lungo tempo parte dell'alimentazione quotidiana di ampie fasce di quella popolazione che abitava le Alpi settentrionali.

Nelle vallate alpine più meridionali le cose andarono meglio grazie alla presenza di molti uliveti, come ad esempio nell'area del Garda. Ma l'olio di oliva non fu l'unico condimento di origine vegetale conosciuto e utilizzato. All'inizio del 1900 da lino e canapa, coltivati e utilizzati per ricavarne fibre tessili, venivano separati i semi e da questi, considerati scarti, si era in grado di ricavarne un olio alimentare. La carenza di competenze in questo campo faceva però sì che il prodotto ottenuto avesse un basso punto di fumo e una rapida deperibilità.

Più antico ancora era l'olio di camelina (pianta spontanea infestante delle colture montane, con fiori gialli) oggi molto ricercato nell'alta gastronomia per il suo aroma delicato di rapa e piselli.

Tutti gli olii sulle Alpi erano utilizzati per cucinare, e nei rari casi in cui uno di essi arrivava in tavola si trattava quasi sempre di olio di papavero. Nel tredicesimo secolo vaste aree delle Alpi austriache erano coltivate a papavero grigio – Waldviertel Graumohn – utilizzato sia come pianta medicinale che oleaginosa.

Sempre a proposito di grassi di origine vegetale, la produzione più particolare sull'arco alpino è certamente quella del latte di mandorle. La coltivazione del mandorlo, diffusa fin dal Medioevo in Stiria, si allargò fino ai versanti settentrionali della catena montuosa per ottenere un importante surrogato di latte, burro e panna. Il latte di mandorla ricavato dalle mandorle arrostite, pur essendo molto costoso, era conforme alle regole di astinenza e digiuno imposte dalla Chiesa. Il biancomangiare preparato con latte di mandorle e miele era una pietanza quaresimale molto diffusa in conventi e monasteri, così come la zuppa di birra, raffinata con latte di mandorle ricco di grassi e molto nutriente.

Una trattazione a se la merita il burro, simbolo di ricchezza e destinato soltanto alle tavole della borghesia. Le famiglie rurali alpine spalmavano molto raramente del burro sul pane perché questo grasso costituiva la loro principale fonte di reddito. In tutto il 1600 e il 1700 nell'area settentrionale alpina l'allevamento e la produzione di latte fecero molta fatica a mantenere il passo con la richiesta sempre crescente di burro dei grandi centri urbani. Per questo motivo, assieme alla difficolta di reperire pesce e olio di oliva, il Vaticano tolse a queste popolazioni il blocco a latticini e uova quali cibi quaresimali già decenni prima della Riforma.

L'imponente richiesta di burro ritardò anche per lungo tempo lo sviluppo di formaggi grassi, tanto che nel bernese e in Tirolo i casari furono minacciati con il blocco del mais e del sale per impedire la produzione di formaggi a latte intero.

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