Un governo in confusione

Nelle fila governative si comincia a notare un crescere di nervosismo. Il problema del mantenere il consenso nel paese, se va avanti così, prima o poi si porrà

Difficile non stupirsi di fronte ad un governo pasticcione come quello attuale. Il caso del decreto legge sul ponte Morandi, approvato, “salvo intese”, il 12 settembre e che ancora martedì 25 non aveva visto la luce (si dice che ci sarà per quando i lettori ci leggeranno, ma l’hanno già promesso varie volte …) è esemplare. I giornali si sono divertiti (si fa per dire) ad elencare tutte le promesse a vanvera fatte dal 14 agosto ad oggi: tempi di realizzazione che cambiavano in continuazione (allungandosi), strali contro Autostrade che non si concretizzano in provvedimenti (non possono), ipotesi di affidamenti a ditte che non si sa se possano assolvere il compito, nomina di un commissario speciale che non si sa chi sarà. Si aggiunga che, non contenti del pasticcio sull’oggetto principale, non hanno trovato di meglio che infilare nel decreto qualche norma che riguardava “altre emergenze”, il tutto, sembra, senza essere in grado di indicare le coperture di spesa. Un governo che si muove così e che poi deve andare in Europa a chiedere di poter avere un trattamento di favore sul rapporto deficit/pil non è il più adatto ad ispirare credibilità.

Naturalmente il ponte Morandi è solo un esempio clamoroso di un esecutivo che si muove a tentoni. Sui vaccini sembra ci sia l’ennesima giravolta, sulla flat tax si venderà un po’ di fumo applicandola ad una platea che di fatto ce l’ha già (le piccole partite Iva), sui migranti si prepara una “grida” che non si sa quanto potrà reggere ai rilievi di costituzionalità, sull’aumento delle pensioni minime non si capisce come ci si muoverà e dove si pescheranno i soldi (per dire: cosa succede dei pensionati che ricevono dall’INPS una “normale” pensione rapportata ai loro versamenti il cui importo è inferiore o eguale alla attuale pensione “sociale” che riceve chi non ha versato contributi? Si adeguano anche quelle? La platea, già non piccola, diventa notevole).

Nelle fila governative si comincia a notare un crescere di nervosismo. E’ vero che la maggioranza parlamentare è solida, anzi adesso Berlusconi dà una mano anche su questioni assai poco limpide come la nomina di Foa al vertice Rai, ma il problema del mantenere il consenso nel paese se va avanti così prima o poi si porrà. Quando ci sono impennate di consenso come quelle che secondo i sondaggi ha registrato la maggioranza giallo-verde, ci si può anche aspettare che il vento cambi rapidamente. E’ vero che il governo può reggere con questi numeri fino a fine legislatura, ma se alle europee e alle varie elezioni amministrative che arriveranno in sequenza l’attuale coalizione flettesse dai numeri di voti attesi la probabilità di assistere ad un forte attacco speculativo contro la nostra finanza pubblica crescerà notevolmente.

La scadenza della presentazione della legge di bilancio è sempre una fase difficile per qualsiasi esecutivo, ma ora si presenta come particolarmente complicata. Soprattutto i Cinque Stelle la stanno affrontando in quello che sembra l’unico modo con cui sanno fare politica: l’attacco verbale senza freni. Il portavoce del premier (ma sarebbe più corretto dire il suo guardiano a Cinque Stelle) minaccia di far fuori i tecnici del ministero dell’Economia, Di Maio dà dell’ “assassino” a Renzi, solo per citare le ultime uscite, ma scivoloni in queste direzioni se ne registrano in continuazione. Più abilmente Salvini e i suoi si tengono lontani da questo genere di intemerate, anche se ne fanno altre più che discutibili. Anche qui: imparassero da Giorgietti che sa usare ironia e understatement!

Il problema che si intravvede all’orizzonte è la possibilità che tutto questo pasticciare finisca per suscitare uno scontro col Quirinale. Mattarella fa il possibile per comportarsi col massimo riserbo, attento a non dover scivolare sul terreno rischioso del mettere di fatto sotto accusa un governo legittimato dal consenso popolare. E’ un esercizio arduo, che però potrebbe diventare insostenibile se da parte di esponenti del governo si oltrepassassero certi confini oltre i quali entra in crisi il quadro costituzionale e di diritto. Si può ben capire che una crisi di questo genere, che già fu sfiorata ai tempi della presidenza di Napolitano sull’onda di improvvide campagne di stampa contro “re Giorgio”, potrebbe essere molto esplosiva in un quadro deteriorato dal punto di vista del cultura istituzionale come è quello che ci troviamo davanti .

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