Il Nobel per la Pace a Denis e a Nadia

E’ davvero una bella notizia il conferimento del Premio Nobel per la Pace 2018 a Nadia Murad e a Denis Mukwege. Del dottor Mukwege questo giornale ha già parlato in occasione del suo arrivo in Trentino non molto tempo fa. Più sconosciuta Nadia Murad che aveva raccontato la sua storia in un libro titolato “L’ultima ragazza”, una drammatica e commovente autobiografia, quasi a significare che lei e non altre doveva essere l’ultima donna ad essere stata presa e torturata dai tagliagole dell’Isis. Nadia appartiene, in nord Iraq, alla minoranza Yazida, sottoposta nei mesi e negli anni scorsi ad una vera e propria persecuzione non solo da parte dei fondamentalisti islamici ma pure dal governo iracheno e in genere gente dimenticata dalla cosiddetta comunità internazionale.

Apparentemente dimessa e “anonima”, questa giovane donna che non ha ancora trent’anni ma ne ha passate tante, manifesta una tenacia straordinaria. Dal suo volto dolce non traspare passività o una muta assuefazione all’orrore. No, Nadia Murad è come se si fosse fatta portavoce di tantissime altre donne che in Iraq e in Siria e in Afghanistan (e purtroppo la lista è fin troppo lunga) subiscono violenza quotidianamente. Nel corpo e nello spirito, nella mutilazione di una parte di sé e nella sopraffazione che le ricaccia indietro.

Nadia –lo racconta in modo struggente ma anche con giusto orgoglio di esserne uscita- è stata venduta più volte, come una “merce” qualsiasi, è passata da un padrone ad un altro come una cosa che si vende e si compra, ha un prezzo e la si può usare a piacimento. A Mosul, città martire, è riuscita a fuggire. Nel 2016 si trova con tantissime altre rifugiate e rifugiati in Germania e da lì parte a raccontare la sua storia. La storia di tante altre come lei, coetanee, sorelle, madri e figlie, appartenenti alla minoranza etnica Yazida dove da anni è in atto una terribile persecuzione.

E se a patirne le terribili conseguenze è tutto un piccolo e fiero popolo, sono le donne le più colpite, le più discriminate ed offese fin nell’intimo del proprio essere donne.

Oggi Nadia Murad si mostra al mondo –ostenta mitemente il suo bel volto- e rappresenta anche le altre donne che hanno scelto comprensibilmente di restare nell’ombra. E’ un bel giorno anche per il Nobel che va finalmente a due persone semplici e davvero “grandi”. Il segno, forse, che il bene esiste e persiste, sebbene spesso non siamo capaci di “vederlo” e valorizzarlo. Il bene esiste ed “agisce” e rende più pura l’aria, più respirabile per tutti.  Sono squarci di luce che grazie a persone come Denis e Nadia, allargano la speranza in un mondo più giusto e più umano. Non dimentichiamo le istanze che rappresentano, le lotte che portano avanti, con e per la loro gente, non senza pericolo e pregiudizio.

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