Pipistrello vs cimice asiatica

Alla Fondazione Mach il compito di trovare forme di difesa alternative agli insetticidi

Della presenza invadente di adulti di cimice asiatica si sono accorti anche gli abitanti di città e paesi del Trentino che hanno notato con disappunto esemplari di questa specie su finestre, muri e pareti interne di abitazioni. L’inconveniente deve essersi verificato anche in altre province o regioni del centro-nord perché ne hanno parlato anche telegiornali e quotidiani.

A noi interessa però riferire alcune novità che fanno riferimento a recenti provvedimenti del Ministro dell’agricoltura. La cimice asiatica (marmorata) è già presente e diffusa, seppure in misura diversificata, in tutte le zone del Trentino. I danni arrecati da adulti e forme giovanili (neanidi e ninfe) sono causati dalla puntura fatta con apparato boccale di tipo pungente e succhiate che lascia il segno più o meno marcato sulle mele, determinando la perdita di valore commerciale del frutto.

A Claudio Ioriatti, responsabile del Centro per il trasferimento tecnologico della FEM ed entomologo internazionale per i contatti che tiene con Centri e Università di vari Paesi, abbiamo chiesto quando a suo avviso la cimice diventerà insetto chiave della frutticoltura trentina. La risposta è chiara: “I nostri tecnici hanno suggerito di intervenie con trattamenti chimici mirati e circoscritti su diverse centinaia di ettari di meleti già nella corrente stagione. Il 2019 potrebbe segnare il superamento della soglia economica di danno, con la conseguente necessità di mettere in atto tutte le misure e le modalità di intervento delle quali possiamo disporre. Molte sono ancora in fase sperimentale e attendono convalida. Il ricorso agli insetti ausiliari è ancora lontano da un’applicazione su larga scala.”

Uno spiraglio che fa intravvedere una soluzione per la lotta biologica, seppure non immediata, è rappresentato dalla risposta che il Ministro dell’agricoltura e turismo Gian Marco Centinaio ha dato ad una interrogazione del 18 ottobre 2018 sulla cimice asiatica.

Punto primo: il successo nel contrasto al parassita non è assicurato dall’esclusivo utilizzo di trattamenti chimici, vista l’elevata mobilità della specie che può riposizionarsi su differenti colture. Punto secondo: il Centro di Ricerca Difesa e Certificazione (CREA-DC) è stato identificato come Istituto di supporto per l’approfondimento degli aspetti scientifici e nel contempo sono state avviate sperimentazioni con prove in campo e in laboratorio, per individuare le sostanze più idonee al contesto e in tal senso sono state ottenute le relative autorizzazioni. Punto terzo: con riferimento al controllo biologico per la difesa della frutticoltura nazionale sono stati avviati studi dedicati per porre in essere interventi con antagonisti naturali del parassita. In particolare: una popolazione del parassitoide Ooenocyrtus telenomicida allevabile in biofabbriche è stata trasferita nei laboratori CREA e mantenuta in ambiente controllato, dove si è mostrata in grado di parassitizzare efficacemente le uova della cimice. Prove dirette in frutteti hanno invece dato risultati parziali.

Per l’utilizzo di antagonisti naturali provenienti dal territorio di origine della cimice in prove estensive in campo sarà prima necessario risolvere le problematiche legate al divieto di introdurre in natura specie e popolazioni non autoctone. Un primo passo per superare questo ostacolo è stato fatto dal Ministero che ha già autorizzato il CREA ad introdurre in condizioni di quarantena e per soli motivi di studio la specie ritenuta a livello mondiale più efficace. Si tratta di un parassitoide (piccola vespa) denominato Trissolcus Iaponicus.

Da Claudio Ioriatti apprendiamo che il CREA citato dal Ministro è quello di Firenze dotato di una struttura di quarantena dalla quale il parassitoide non può uscire. Una struttura analoga è in fase di allestimento anche presso la Fondazione Mach. Gli esperti della Fondazione Mach sono da tempo in rapporto di collaborazione con i colleghi fiorentini non solo per quanto riguarda la cimice asiatica, ma anche per altri problemi affrontati in comune e con vicendevole scambio di idee e di materiale. Il parassitoide giapponese è stato ceduto al Centro di Firenze dalla stessa Università degli USA presso la quale sta facendo il tirocinio un dottorando di ricerca che fa capo alla FEM.

Chiediamo se la Fondazione di S. Michele può vantare gli stessi diritti di affidamento di incarico o delega ad operare. La risposta è negativa, almeno attualmente. Non rimane quindi che confidare nei buoni risultati che potranno emergere dai progetti di ricerca avviati da tempo presso la FEM: trappole innescate con feromoni di aggregazione, diffusione di maschi di cimice resi sterili mediante radiazioni, ricerca di parassitoidi autonomi, uso di reti protettive.

La prospettiva di favorire l’attività predatoria di pipistrelli avanzata da Lara Maistrello, docente dell’Università di Modena e Reggio Emilia, è un’ipotesi da verificare. Mancano prove di pieno campo, dice il naturalista Sergio Abram. Le cimici sono inoltre troppo grosse per essere mangiate dai piccoli di pipistrello.

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