La verità ci farà liberi

Dn 7,13-14;

Sal 92 (93);

Ap 1,5-8;

Gv 18,33b-37

Con la Solennità di Cristo Re dell’Universo l’anno liturgico conclude il suo ciclo, ma senza porre fine a nulla! Anzi, vogliamo immaginare questo arrivo come il moto di una ruota che completando il suo giro ci ha fatto avanzare di un po' nella conoscenza di Gesù ed il suo Vangelo, dandoci rinnovati motivi per continuare il cammino di ricerca con l’inizio del nuovo Avvento. Nel percorso di quest’anno ci ha accompagnati l’evangelista Marco, il quale poco per volta ci ha rivelato la divinità, intrisa di umanità di Gesù. Sappiamo che nell’ispirazione del suo racconto l’evangelista – e non senza provocazione per noi che ci definiamo credenti – affida il completo svelamento dell’identità del Signore alle parole di un soldato pagano, il quale, seppur in mezzo al completo sarcasmo e disprezzo che circonda il luogo del Crocifisso, o magari proprio per questo, esclama: “Davvero quest’uomo era Figlio di Dio!”.

L’odierna liturgia domenicale ci dona la possibilità di riflettere attorno alla luce di questa verità, letta come regalità. Per coglierne il significato secondo l’ottica evangelica, è però necessario sfrondarlo da ciò che può adombrarne il messaggio di vita che esso contiene. Per cominciare, dobbiamo fare i conti con le immagini che sorgono in noi pensando alla figura del re e alla regalità. Oltre ad un sentimento di possibile estraneità per la lontananza dal nostro contesto, in questi concetti facilmente proiettiamo, in un processo quasi naturale, perlomeno le categorie del potere, della forza e della grandezza. E qui, purtroppo non possiamo negare come nella propria storia il cristianesimo, talora per difendere i propri interessi, abbia assunto queste caratteristiche, al punto da commettere dei veri e propri delitti contro persone e talvolta popoli. Oggi la Parola dei vangeli consegna a noi, alla nostra consapevolezza, un volto diverso di Gesù: il potere mondano e la sua tirannia sono da Lui condannati in più passi nei vangeli chiamati “sinottici”, sovvertendone i princìpi: l’unico potere consentito al discepolo è quello del servizio! (vedi Mt 20,25-28 e paralleli).

A conferma di questa “logica”, così opposta a quella del potere inteso ed esercitato nel mondo, nel vangelo secondo Giovanni, in cui oggi ci troviamo, possiamo guardare all’evento della lavanda dei piedi nel quale ascoltiamo queste parole: …se dunque io, il Signore e Maestro , ho lavato i piedi a voi, anche voi dovete lavare i piedi gli uni agli altri (Gv 13,14), dove quest’ottica, nuova e rivoluzionaria per gli esiti a cui conduce, è ulteriormente suggellata. Alla luce delle parole di Gesù poi, la vera grandezza risiede nella piccolezza (vedi Mt 18,3-4) in un capovolgimento così radicale per noi, tanto da rendere necessario ogni giorno ricominciare il cammino di sequela dietro al Maestro, chiedendo di continuo la grazia per penetrare questo mistero! Comprendiamo bene allora come la regalità vissuta da Gesù porti in un’altra direzione, abbia obiettivi diversi, sui quali cerchiamo di porre i nostri passi. Dell’odierno brano evangelico, a cui è consegnato il compito di aiutarci a cogliere il vero senso della regalità di Gesù, è necessario osservare il contesto in cui esso è inserito. Siamo all’interno del lungo racconto della Passione Morte e Resurrezione di Gesù, nel quale l’evangelista Giovanni, passo dopo passo, descrive il percorso di Gesù come il suo solenne cerimoniale regale; lo sguardo che il quarto vangelo pone su di esso ha questo preciso scopo. La domanda di Pilato: Sei tu il re dei Giudei? (Gv 18,33) è perciò centrale all’interno del processo intentato contro Gesù; Lui è davvero re e lo dichiara apertamente: Tu lo dici: io sono re. Per questo io sono nato… (Gv 18,36). Il processo, l’incoronazione di spine, il manto di porpora e l’investitura da burla che rappresenta, anziché smentire la regalità vogliono continuamente sottolinearne la sua realtà. Come per tutti i re, anche a Gesù è destinato un trono, e il suo è il trono della croce, da lui liberamente scelto, come aveva anticipato con le parole: Quando sarò elevato da terra attirerò tutti a me (Gv 12,32). Dal vertice di questo trono possiamo riflettere e intravvedere la grandezza dell’amore con il quale Gesù ci ha amati; è questa la sua regalità! Essa proviene direttamente dal Padre e dalla sua volontà di salvezza per noi tutti. Gesù rispondendo a Pilato, rivolge anche a noi queste parole: Il mio regno non è di questo mondo (Gv 18,36) …eppure per questo nostro mondo, in questo mondo Lui si è incarnato; per mostrarci e portarci dentro la realtà di questo Regno in cui ognuno di noi è destinato a dimorare. Su questo regno più volte nel corso di quest’anno ci siamo soffermati, cercando di vederne i contorni, di coglierne i veri contenuti. In quest’ultima domenica del calendario liturgico veniamo rilanciati nella ricerca non di una risposta trovata una volta per tutte, ma piuttosto nuovamente alla ricerca di una verità che non nasce da noi, perché molto più grande e consistente di noi! In mezzo ad un mondo in cui abbiamo accesso a tante voci, a tante “verità”, non eludiamo il nostro impegno – meglio sarebbe il nostro desiderio – di onorare la verità del Figlio dell’uomo che oggi ci dice: Per questo io sono nato e per questo sono venuto nel mondo: per dare testimonianza alla verità. (Gv 18,37).

A cura della Comunità Monastica di Pian del Levro

vitaTrentina

Lascia una recensione

avatar
  Subscribe  
Notificami
vitaTrentina

I nostri eventi

vitaTrentina