Ci fa paura la Legge della strada

Sono passati appena sette giorni e gli effetti temuti del “Decreto sicurezza e immigrazione”, approvato mercoledì scorso nell’aula divisa del Parlamento, prendono corpo in tante periferie: quello di uomini, donne e bambini, sbattuti fuori dai centri di accoglienza CARA e CAS in quanto titolari soltanto di protezione umanitaria, ora insufficiente per restare in Italia. Lo sancisce questa “Legge della strada” come è stata definita da “Avvenire” – nella domenica in cui celebrava i 50 anni del suo impegno quotidiano – “una legge che già comanda sulla vita di centinaia di persone che diverranno migliaia e poi decine di migliaia”.

Dalle notizie di cronaca ma anche dagli amici immigrati, comprendiamo già cosa comporta la destinazione diversificata fissata dal “Decreto Salvini”: può rimanere in Italia soltanto chi ha già lo status di richiedente asilo o ha fatto ricorso; fuori subito invece tutti coloro che hanno avuto la protezione umanitaria prima del 4 giugno, ma non hanno ancora avuto accedesso al sistema Sprar. Fuori subito anche se sono soggetti vulnerabili, come le madri con i loro figli. Anche se sono disperati, che rischiano di finire nelle file della malavita, risucchiati in un gorgo vizioso che innescherà nuovi bisogni e rinnovate paure.

Altra conseguenza: per supportare la decisione draconiana le Prefetture hanno l’ordine di non mettere più a disposizione degli enti gestori le risorse finanziarie finora previste per i servizi di accoglienza: si tagliano i fondi per recidere definitivamente le presenze.

Il ministro Salvini, esibendo muscoli purtroppo ammirati da molti, spiega che queste misure di setaccio sugli ultimi arrivati nel nostro Paese (peraltro molto meno numerosi dell’anno scorso) “mirano a garantire la pubblica sicurezza”. In molti non lo crediamo. A lasciarci perplessi è soprattutto la generalizzazione per cui ogni immigrato sbarcato sulle nostre coste in Italia (come un tempo i trentini negli Stati Uniti o in America Latina) sarebbe un elemento potenzialmente pericoloso per l’ordine pubblico: è “uno sguardo malato – afferma l’ex presidente del CNCA regionale Vincenzo Passerini – ma gli sguardi malati non guariscono la realtà, l’ammalano ancora di più”.

Condividiamo con le sigle che finora in  Trentino gestivano il sistema Sprar (e con i tanti volontari che si specchiano nei volti dei richiedenti asilo)  la preoccupazione e lo sforzo di trovare soluzioni ispirate dai diritti umani. Dei quali fra l’altro proprio domenica  e lunedì  celebriamo il valore universale con un’inedita “Maratona di Lettura” promossa in Sala Depero, alla quale si partecipa leggendo testi anche illuminanti.

Come il post scriptum di Avvenire del 3 dicembre: “Per favore, chi ha votato la “Legge della Strada” si risparmi almeno parole al vento e ai social sullo spirito del Natale, sul presepe e sul nome di Gesù. Prima di nominarlo, Lui, bisogna riconoscerlo”.

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