Clima e diritti, legame imprescindibile

C’è un nesso tra diritti umani e cambiamenti climatici. Ed è emerso chiaramente alla Conferenza ONU sul Clima (COP24) in corso a Katowice in Polonia. Giulia De Nadai e Tommaso Orlandi dell’Agenzia di stampa giovanile – progetto di comunicazione sostenuto anche dalla Provincia Autonoma di Trento che produce resoconti quotidiani da Katowice (li riprendiamo in parte su www.vitatrentina.it nello “speciale” sul clima) – hanno approfondito la tematica con Joan Carling e Francesco Martone. Joan appartiene all’etnia filippina Kankanaey e lotta per i diritti umani sin dalla gioventù. Ha lavorato con i popoli indigeni di tredici Paesi asiatici. Le autorità filippine per la sua attività la considerano alla stregua di una terrorista e l’hanno costretta a lasciare il suo Paese. Francesco Martone è invece un difensore dei diritti umani in Italia; è stato presidente di Greenpeace Italia e senatore della Repubblica dal 2001 al 2008. L’intervista integrale a Carling e Martone è sul sito di Vt. Ne proponiamo una sintesi.

Quali sono gli strumenti per proteggere i difensori dei diritti umani?

Carling: Stati e governi sono obbligati a rispettare e proteggere i diritti umani. Ci sono numerose Carte dei diritti umani. Ma servono nuovi strumenti. Altrimenti rimaniamo nel limbo attuale, in una situazione di crisi umanitaria in cui coloro che dovrebbero proteggere in realtà attaccano. Ci sono leggi antiterrorismo usate contro gli attivisti e non contro potenziali terroristi.

Martone: Quest’anno celebriamo anche il ventesimo anniversario della Dichiarazione ONU sui Difensori dei Diritti umani. Ma il numero di difensori uccisi è aumentato. Solo in Colombia, più di duecento capi indigeni sono stati assassinati nel 2018. Ci sono molti strumenti per difendere chi si batte per i diritti umani, ma manca la convergenza di movimenti sociali, cittadini e comunità. Abbiamo creato una rete dedicata ai difensori dei diritti umani di tutto il mondo: si chiama “In difesa di”. Trento è molto attiva in quest’ambito, le associazioni trentine hanno progetti in vari Paesi, come la Colombia e i Balcani.

Il mondo di oggi è davvero più disilluso e crudele di quello che c’era quando voi eravate studenti?

Carling: Oggi sono aumentate le opzioni disponibili per i giovani. Ma hanno bisogno di avere uno scopo, di cercare un significato. Non ci sono tanti attivisti quanti ce n’erano nella mia generazione. Ci sono troppi privilegi e distrazioni.

Martone: Rispondo con le parole della femminista statunitense Wendy Brown. Quando le è stata chiesta un’opinione sull’attuale clima politico degli Stati Uniti e sulla crisi ambientale, ha risposto che faremmo meglio a parlare di responsabilità piuttosto che di speranza.

Dal momento che gli effetti dei cambiamenti climatici sono considerati un problema internazionale, il riconoscimento del diritto a un ambiente di vita salubre potrebbe essere uno strumento efficace nella lotta contro il cambiamento climatico a livello locale?

Martone: La discussione sulla punibilità dei crimini ambientali è andata diminuendo perché è abbastanza difficile stabilire il nesso causa-effetto. E’ difficile provare che un’azienda localizzata negli USA ha un impatto ambientale negativo su una comunità del Bangladesh. L’obiettivo è quindi di elaborare una responsabilità congiunta, indipendente dal nesso causa-effetto. Un altro aspetto della questione è il tema “perdita e danno”, che consiste nel calcolare le perdite e immaginare processi di risarcimento, quali la ricostruzione degli ecosistemi o pagamenti finanziari. Sfortunatamente, il problema è abbastanza trascurato.

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