Antonio, il chicco di grano che germina il sogno europeo

Una preghiera e un appello per l’Europa: quella delle istituzioni, spesso vituperate da chi non ne conosce ruolo e funzioni; quella dei popoli che la compongono, che da settant’anni conoscono la pace e da qualche anno in meno si spostano liberamente senza conoscere confini tra gli Stati; quella dei giovani, che la percorrono sui mezzi più economici che riescono a trovare per ragioni di studio o di lavoro. E’ questo ciò che consegna alla moltitudine di ogni età che ha riempito il Duomo di Trento nel pomeriggio di giovedì 20 dicembre il funerale, trasmesso in diretta dalla Rai, di Antonio Megalizzi, il ventinovenne trentino colpito da un coetaneo nell’attentato ai mercatini di Strasburgo lo scorso 11 dicembre e morto tre giorni dopo, il 14. “Il tempo è troppo prezioso per passarlo da soli. La vita troppo breve per non donarla a chi ami. Il cielo troppo azzurro per guardarlo senza nessuno a fianco”. E’ il testamento spirituale di Antonio, frasi vergate in vita che la famiglia ha scelto di riprendere sul bigliettino che lo ricorda, accanto alla foto di lui sorridente, intorno al capo quelle cuffie indossate ad ogni diretta radiofonica. Già, la radio, la sua grande passione – essere giornalista – per comunicare l’altro grande amore, quello per l’ideale europeo. Lo raccontano, con parole che fanno bene e male nello stesso tempo, gli amici di Europhonica, il progetto di radio multilingue, che si propone di far conoscere le istituzioni europee, che Antonio ha condiviso per tre anni. Insieme all’amico e collega “Bartèk”, Barto Pedro Orent-Niedzielski, 35 anni, anche lui ferito nell’attentato e morto il 16 dicembre. Tre anni “fatti di viaggi dell’ultimo minuto su qualsiasi mezzo in giro per l’Europa, di corse nei corridoi del Parlamento europeo a caccia di dichiarazioni, di audio registrati in posti improbabili e di discussioni su Whatsapp su come raccontare l’Unione europea e riunioni interminabili”, ha raccontato il collega Andrea, ma anche “risate, battute, confidenze”. Sentendosi come dei don Chisciotte contro i mulini a vento dell’indifferenza nei confronti dell’Europa. E Antonio “era il primo a guidare la carica contro i mulini, aveva trovato i cavalli e studiato il percorso”. Perché aveva mille idee per spiegare in modo semplice la materia più difficile del mondo: l’Europa e le sue istituzioni, anche smontando meticolosamente le bufale – le fake news – che girano in Rete. E lo faceva con leggerezza. “My job is better than your vacation – Il mio lavoro è meglio della tua vacanza”, era lo slogan che postava sotto le sue foto. “Antonio era speciale davvero”, aggiunge una compagna degli anni di scuola. Lo diceva anche quel suo soprannome, “Mega”. “Megagalattico, gigante e straordinario, e di questo ringrazio i genitori, che ci hanno dato un amico sincero, presente anche se da lontano, nei momenti bui e in quelli belli. Aveva voglia di cambiare questo mondo”. Parole che fanno bene, e non solo a mamma Annamaria, a papà Domenico, alla sorella Federica e alla compagna Luana. Fanno bene a tutte le persone che sono in Duomo anche se Antonio non l’hanno conosciuto di persona, anche se di Europhonica e tanto meno di istituzioni europee non si erano mai interessate prima. Il chicco di grano che cade in terra e muore dà molto frutto, recita il Vangelo di Giovanni, letto alle esequie, accompagnate dai canti animati dal coro inter-parrocchiale di Trento Nord, guidato da don Riccardo Miolo. Antonio è morto, colpito da quella che il vescovo di Trento, Lauro Tisi, all’omelia definisce “una violenza cieca e assurda”. Ma, dice sempre don Lauro – che concelebra con il vicario generale don Marco Saiani, don Mauro Leonardelli e don Francesco Viganò, rispettivamente parroco e viceparroco di Cristo Re, la parrocchia della famiglia di Antonio, monsignor Lodovico Maule, decano del Capitolo della cattedrale, don Andrea Decarli, parroco del Duomo -, “quel morire non è tomba”. E come “gloria” è il morire di Gesù, “gloria di Dio è la straordinaria lezione di questa famiglia che oggi è qui, in preda al dolore più atroce, ma con il cuore libero dall’odio” e “gloria di Dio sono le commoventi e profetiche parole di Antonio, quel suo testamento spirituale che si conclude così “Nulla muore e tutto dura in eterno”. Perché, come ribadisce la prima lettura, presa dal Cantico dei Cantici, che è un inno all’amore, “forte come la morte è l'amore”. Antonio, lo si coglie bene tra i banchi del Duomo, anche se forse non si capisce bene come, continua a vivere: nella sua meravigliosa famiglia, negli amici di studio e di lavoro, nei loro sogni e nel loro operato, che Antonio non ha solo condiviso, ma spesso incoraggiato, spronato, rafforzato. “Antonio – raccontano ancora gli amici – diceva che l’asterisco accompagna le persone speciali, è il marchio di fabbrica della bellezza emotiva, della sensibilità superiore, della meraviglia dei primi”. E non hanno dubbi: Antonio l’asterisco lo aveva. Voleva raccontare il mondo, e ora è il mondo a raccontare lui. In Duomo ci sono, per questi funerali di Stato, il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, il presidente del Consiglio dei ministri, Antonio Conte, il presidente del Parlamento europeo Antonio Taiani (l’unico a concedersi brevemente ai microfoni al termine delle esequie). Ma è impossibile, e anche inutile, elencare tutte le autorità presenti nei primi banchi e oltre.

Fuori della cattedrale, Trento è listata a lutto. Fin dall’arrivo della salma, portata martedì 18 con un volo militare da Strasburgo all’aeroporto militare Ciampino e quindi a Verona, per giungere a Trento nella parrocchia di Cristo Re, dove fino al giorno del funerale è proseguito incessantemente il pellegrinaggio silenzioso davanti alla salma di Antonio, vegliata dai famigliari. Per portare un saluto e rendere omaggio a questo “figlio della terra italiana, in lui riunita, non solo idealmente, dalla Calabria al Trentino, dal Sud al Nord della Nazione”, come afferma il vescovo Lauro nell’omelia funebre, formatosi in una città “alla quale la Storia ha consegnato la vocazione ad essere ‘ponte’ con l’Europa”.

“Io so che questa vita non mi spezzerà”. Le parole cantate all’inizio del funerale con accenti struggenti dall’italo-americana Mia De Luca, amica di Antonio giunta appositamente dagli Stati Uniti per ricordarlo con due dei suoi brani più amati (Angels, appunto, di Robbie Williams e Fix you dei Coldplay), risuonano nelle menti e nei cuori all’uscita dal Duomo, e si sovrappongono alle note dell’Inno alla Gioia di Beethoven, inno ufficiale dell’Unione europea e del Consiglio d’Europa, suonate dagli studenti del Conservatorio di Trento.

Di lì a poco, alunni e insegnanti delle scuole medie “Manzoni” di Trento, frequentate da Antonio, daranno vita a una fiaccolata partendo dalla loro scuola. Venerdì 21 alle 19 invece a ricordare Antonio e il suo impegno generoso sarà la fiaccolata cittadina promossa dai compagni di Università: partirà dal Dipartimento di Lettere in via Tommaso Gar per concludersi in piazza Duomo.

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