Quei due vescovi che le cantarono a Mussolini

Ha molto a che fare col tema oggi tanto dibattuto del pluralismo dell’informazione un capitoletto della storia del passato che ebbe per protagonisti, nell'autunno del 1926, l'arcivescovo di Trento, mons. Celestino Endrici (1860-1940) e il vescovo di Vicenza, Ferdinando Rodolfi (1866-1943), scesi a Roma per manifestare a Mussolini il netto dissenso della Chiesa cattolica per il nuovo corso imposto dal fascismo nei confronti delle sue istituzioni con soprusi e atti di violenza contro Azione Cattolica, Movimento cooperativistico e stampa. Furono ricevuti dopo tre giorni di anticamera e alla presenza del Prefetto di Trento, Giuseppe Guadagnini, fatto arrivare precipitosamente dal Trentino.

Dell'incontro con il presidente del Consiglio Benito Mussolini, Endrici ha redatto di proprio pugno un dettagliato resoconto, conservato nell'originale presso l'Archivio diocesano al polo culturale Vigilianum e citato nelle loro opere dagli storici Paolo Piccoli e Armando Vadagnini e da Armando Costa. Recentemente è venuto alla luce un analogo documento di Rodolfi che in alcuni passi integra la versione di Endrici, ad esempio là dove il presule riporta la battuta di Mussolini: “Come si può arrestare un treno in piena corsa?” a giustificazione del processo in atto, dal vescovo immediatamente rintuzzata con un ”Chi lo ha messo in moto?”. Lo scambio di battute è integrato da Rodolfi con un rincalzo: “Chi lo ha messo in moto, deve essere capace di fermarlo”. Mussolini si rammaricava che nell'Italia settentrionale ci fossero due vescovi refrattari al suo regime: quelli di Trento e di Vicenza, che tentò in tutti i modi di far trasferire in altre sedi, senza riuscirci.

Il colloquio si era aperto con la denuncia da parte di Endrici degli atti vandalici nei confronti della tipografia del quotidiano e del settimanale cattolici Il Nuovo Trentino e Il Trentino Cattolico e la sospensione della loro pubblicazione. E' il prefetto Guadagnini a stroncare qualsiasi spazio ad una mediazione definendoli giornali di “opposizione”, data inoltre la presenza nella redazione dell'avvocato Savorana di origini romagnole, che “potrebbe urtare il fascismo” e perciò da rimuovere, a detta di Mussolini, “per togliere ogni pretesto; del resto le persone si cambiano secondo le esigenze e le contingenze”.

Endrici solleva poi la questione dei Commissari fascisti imposti ai vertici delle “nostre associazioni cooperative centrali con ripercussioni su tutto il delicato organismo economico-sociale, frutto del lavoro di 30 anni dei Cattolici Trentini e del Clero, ammirate e studiate persino dagli Stati esteri, come modello”. Endrici riassume quindi l'impegno profuso per “l'unione alla Madre-patria” e lo sconcerto del “popolo abituato alla disciplina” e a considerare “la pubblica autorità a protezione della proprietà”, esautorata nei suoi valori, nei centri decisionali e negli organi rappresentativi democratici. Le conseguenze, secondo Endrici: “oltre ai danni, la beffa”.

Il colloquio si dilunga sui temi economici, la “deportazione” di sacerdoti, la devastazione delle sedi istituzionali cattoliche.

La difesa a spada tratta del prefetto Guadagnini per la piega assunta dagli eventi in Trentino provoca questo commento del vescovo: “Il Presidente ascoltò la mia esposizione, e crederei che egli personalmente avrebbe ceduto alle mie ragioni; ma compresi tosto che erano state fatte forti pressioni su di lui in antecedenza dal partito e dal Prefetto, porta-voce del partito fascista locale, che in questa occasione fece la parte del diavolo”.

I precedenti per quanto riguarda l'editoria cattolica. Il primo numero di Il Nuovo Trentino era uscito il 23 novembre 1918, al termine del primo conflitto mondiale sulle ceneri de Il Trentino chiuso nel 1915 allo scoppio del conflitto con l'Italia, entrambi diretti da Alcide Degasperi. Per non coinvolgere il giornale “nell'odio fascista” il 28 gennaio 1926 lo stesso Degasperi, Capo del gruppo parlamentare popolare alla Camera dei deputati e segretario del Partito Popolare, si dimette da direttore. Gli subentra don Giulio Delugan (1891-1974).

Nella notte tra il primo e il 2 gennaio 1926 gli squadristi assalirono a Trento la redazione de Il Nuovo Trentino, sequestrando il giornale e bloccandone la pubblicazione.

Il 23 dicembre dello stesso anno nelle famiglie farà la sua comparsa per la prima volta Vita Trentina.

Lo scontro con il fascismo si acuirà negli anni successivi con mons. Endrici strenuo oppositore del pangermanesimo e delle leggi sull'opzione in Alto Adige-Suedtirol, tanto da meritare, per un giornale austriaco, la condanna a morte per impiccagione. Sarà questo il tema dominante di un ponderoso lavoro dell’arcivescovo emerito di Trento, mons. Luigi Bressan, attualmente in fase di pubblicazione per l’editrice Athesia. E' la riscoperta di un vescovo messo alla berlina dal Governo austro-ungarico e da quello nazifascista per le sue idee di democrazia e di libertà religiosa e civile.

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