E’ ora di sconfiggere la lebbra

E’ ancora oggi un problema sanitario importante in vari Paesi dell’Africa, dell’Asia e dell’America Latina

Il 27 gennaio è la Giornata dedicata alla conoscenza della lebbra e delle altre malattie tropicali dimenticate, che ancora provocano sofferenza e morte in varie parti del mondo. La 66° Giornata Mondiale, con lo slogan #SconfiggiamoLaLebbra, si propone di diffondere la conoscenza di quello che ancora oggi è un problema sanitario importante in vari Paesi dell’Africa, dell’Asia e dell’America Latina, dove persistono condizioni socio-economiche precarie che favoriscono la trasmissione della malattia.

Da quando si dispone di farmaci efficaci, la strategia principale per il controllo della malattia si basa sulla diagnosi e sul trattamento precoci, ma nella storia della lebbra un punto è chiaro: il controllo della malattia, con effetti duraturi, richiede un miglioramento socio-economico della popolazione nel suo complesso. Eppure, a causa delle difficoltà di accesso e della scarsa qualità dei servizi di trattamento, la diagnosi spesso avviene tardivamente e frequentemente la persona colpita si presenta con disabilità fisiche irreversibili.

Secondo le stime dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, nel mondo sono più tre milioni le persone con disabilità gravi causate dalla lebbra, che richiedono cure quotidiane.

Ma la Giornata pone l’attenzione anche su altre malattie. L’Ebola è un virus che causa una febbre emorragica ed è molto aggressivo per l’uomo. Dopo l’epidemia del 2014 nell’Africa Occidentale (Guinea, Sierra Leone, Liberia e Nigeria), praticamente debellata in un paio di anni, oggi il virus è tornato a colpire in alcuni paesi dell’Africa, in particolare nella Repubblica Democratica del Congo. E’ stato varato un vaccino sperimentale che però non risulta ancora decisivo nel combattere la malattia che spesso, trasmettendosi per contatto diretto con fluidi biologici, sangue o organi, si diffonde maggiormente in condizioni igienico-sanitarie precarie e in situazioni di emergenza sanitaria (i primi contagiati europei furono degli operatori sanitari).

Anche per quanto riguarda i malati di HIV, a fronte di sensibili miglioramenti in molti Paesi, esistono ancora molte situazioni a rischio. “L’HIV in Africa, soprattutto nelle zone rurali, è ancora un motore di esclusione sociale”, afferma Giampietro Pellizzer, infettivologo che da anni lavora con l’associazione Medici con l’Africa Cuamm, in un’intervista a OggiScienza. E i sistemi sanitari africani appaiono in difficoltà nel gestire una malattia che assorbe ingenti risorse.

Non vanno poi dimenticate altre malattie, apparentemente meno pericolose ma ancora letali in alcune zone del mondo, come la tubercolosi e la malaria (che uccide ancora oltre un milione di persone all’anno), che spesso colpiscono bambini sotto i 5 anni, che non hanno sufficienti energie per reagire. Anche in questo caso molte situazioni sono aggravate dalla facilità di infezioni e dallo scarso accesso ai servizi essenziali (acqua, cibo adeguato): eppure molte di queste malattie si potrebbero risolvere agevolmente con l’accesso ai servizi sanitari e ai farmaci base per combatterle.

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