Liberi dalla paura

Il mandato del Papa: salite “sui tetti” per annunciare e diffondere la cultura dell'accoglienza

Lo sanno Tiziana con il marito e i loro tre figli, insieme a Lamin che da qualche mese vive con loro; all'inizio, per due settimane, Tiziana non aveva dormito. Lo sa Filomena, che dopo un lutto in famiglia voleva che la sua casa, guscio vuoto, tornasse ad essere nido d'amore. Lo sanno Claudia e Paolo con altre coppie di amici, che si sono autotassati per sostenere una famiglia afghana che vive nel loro quartiere. Lo sanno gli scout di Caserta, Reggio Calabria e Ventimiglia, impegnati con i loro gruppi nelle operazioni di approdo e in diverse realtà di accoglienza. Lo sanno suor Maria Josè, che con pazienza ha coinvolto le consorelle orsoline più anziane, e don Mimmo, che non si tira indietro al dialogo con i suoi parrocchiani. Famiglie, parrocchie, associazioni, congragazioni che hanno scelto di aprire le loro porte per ospitare e integrare persone migranti, si sono incontrate dal 15 al 17 febbraio a Sacrofano (Roma) al meeting “Comunità accoglienti. Liberi dalla paura” promosso da Caritas italiana, Centro Astalli-Servizio dei gesuiti per i rifugiati e Fondazione Migrantes.

A loro, che hanno avuto “la forza di lasciarsi liberare dalla paura” e hanno sperimentato “la gioia dell'incontro”, Papa Francesco ha chiesto di “annunciarlo dai tetti, apertamente”, per aiutare gli altri a fare lo stesso. È “una grazia che porta con sé una missione”…

Al meeting delle “Comunità accoglienti” hanno partecipato 450 persone, tra cui molti rifugiati, provenienti da 38 nazioni e 90 diocesi italiane. È la Chiesa che sa accogliere nella normalità del quotidiano. In Italia sono accolte nelle strutture ecclesiali circa 21.500 persone migranti, 188 le Diocesi coinvolte a vario titolo.

Della delegazione trentina a Sacrofano facevano parte Mons. Luigi Bressan, presidente della Commissione migrantes delle chiese del Nord Est; p. Giovanni Pross della comunità dei padri Dehoniani, uno degli Istituti religiosi che fanno concretamente accoglienza; suor Agnès Kpodzro delle suore Canossiane di Trento; Lorena Martinello e Elisabetta Girardi del Centro Astalli Trento. “C’è una rete fittissima di persone e realtè che silenziosamente si spendono con coraggio e generosità – ha commentato Bressan a margine dell’incontro -. Il bene va fatto bene e possiamo tutti imaparare gli uni dagli altri”.

Nella Messa di apertura il Papa ha ribadito che rinunciare all’incontro con l’altro “non è umano”. “La paura è l’origine della schiavitù”, ha spiegato, ed è anche “l’origine di ogni dittatura, perché sulla paura del popolo cresce la violenza dei dittatori”. Di fronte a situazioni senza via d’uscita, “anche noi siamo tentati di abbandonare il nostro sogno di libertà”. Il “ripiegamento su sé stessi accresce il nostro timore verso gli altri, gli sconosciuti, gli emarginati, i forestieri”. È un timore che viene spesso alimentato e strumentalizzato, fino a farci vedere l'altro come un nemico e una minaccia. La paura nasce anche dalla consapevolezza di essere fragili, dall'incapacità di “abbandonarci alla provvidenza”. “Il timore – ha sottolineato il Papa – è legittimo, perché manca la preparazione a questo incontro”. Ma alzare barriere per chiuderci nella nostra routine rassicurante, ci condanna a una solitudine che rende tutti più fragili e insicuri. “Dovremmo cominciare a ringraziare – suggerisce Papa Francesco – chi ci dà l’occasione di questo incontro, ossia gli 'altri' che bussano alle nostre porte, offrendoci la possibilità di superare le nostre paure per incontrare, accogliere e assistere Gesù in persona”.

La paura e il coraggio di chi accoglie si intrecciano a quelli di chi è accolto. Tra i partecipanti ai tre giorni c’erano anche molti rifugiati, che si sono soffermati a riflettere sul significato dell’accoglienza. “Qui ho scoperto che avevo un sogno”, ha raccontato Susy, fuggita dal Camerun; oggi si sente “la donna più fortunata del mondo” perché può “aiutare altri a scoprire il loro sogno”. Anche Moussa, rifugiato del Mali, spera di sistemarsi presto, “per non essere più un peso per lo Stato, ma per aiutare”. “Con chi mi ha accolta – racconta Khady – ho imparato ad amare e a non perdere mai la fiducia. La mia storia spero possa essere un bell’esempio di accoglienza e che spinga tante persone a fare come è stato fatto a me”. Di fronte al Papa, Khady gli ha lanciato le braccia al collo per stringerlo in un abbraccio colmo di gratitudine.

Nessuno dice che sia facile, ma ne vale la pena perché in gioco c'è il senso profondo dell'esistenza. Lo hanno ribadito anche mons. Guerino Di Tora (Migrantes), mons. Francesco Soddu (Caritas), p. Camillo Ripamonti (Centro Astalli). “L’accoglienza – si legge nel documento finale del meeting – è senza dubbio un’esperienza interiore profonda: prima di essere una risposta a un bisogno è un’esperienza di condivisione ricca, che richiede un cammino di conversione personale e comunitario. Nello specifico domanda di coniugare la complessità del fenomeno migratorio con la complessità del reale, la disponibilità con il coraggio di farsi attraversare da presenze inattese lasciandosi guidare dalla fantasia dello Spirito Santo, che è infinita ma anche molto concreta”.

Nel documento le organizzazioni richiamano all’importanza dell’accoglienza come “opportunità per intraprendere la via della riconciliazione e della costruzione paziente della pace”: le cause delle migrazioni forzate, infatti, – guerre, sfruttamento, ingiustizia sociale, violenza, tirannide, disoccupazione, terrorismo, inquinamento ambientale… – “ci riguardano, come abitanti del pianeta e come cittadini di Paesi che spesso hanno responsabilità nel determinare o aggravare tali cause”. L'accoglienza genera relazioni e reti capaci di “riorganizzare e incanalare all’interno dei territori le forze e le energie di tutti, a servizio del bene comune”. L'accoglienza per le comunità è anche un dono, “perché ci offre l’occasione di guardare al futuro con più speranza. L’incontro ci permette di toccare con mano di quante risorse umane, morali e culturali ciascuno è portatore e quanto possono essere ricche e creative le società che riescono a valorizzare le diversità e mettere a frutto i talenti di ciascuno in una prospettiva comune”.

“Noi che ci siamo lasciati liberare dalla paura, che abbiamo sperimentato la gioia dell’incontro – concludono Caritas, Centro Astalli e Migrantes –, vogliamo ‘annunciare questo sui tetti, apertamente, per aiutare altri a fare lo stesso’”. Sono piccoli passi… Ma come ha detto Papa Francesco alla fine della Messa: “Il piccolo passo fa il grande cammino della storia”.

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