“Alimentiamoci senza veleni”

La scienziata e attivista a Trento: “Le piccole realtà locali possono innescare il cambiamento”

Vandana Shiva, scienziata, ecologista, attivista e scrittrice indiana, intervenuta venerdì 12 aprile nella Sala della Cooperazione a Trento per il decennale dell’associazione L’Ortazzo, in una serata promossa anche da “Donne in Cooperazione” e “Trentino Arcobaleno”, ha richiamato l’urgenza su una scadenza che ci riguarda tutti: “Non abbiamo mai avuto una situazione del genere nella storia dell’umanità, sappiamo esattamente cosa succederà fra 100 anni, ma per cambiare rotta, per evitare la nostra stessa estinzione abbiamo solo 10 anni!”.

L’attuale epidemia di malattie croniche è anche il risultato della diffusione di sostanze tossiche nei nostri sistemi alimentari, ha ricordato agli oltre 500 presenti Vandana Shiva, che in Italia sta compiendo un tour con Navdanya International, l’organizzazione di cui è presidente, dal titolo “Per un’alimentazione e un’agricoltura libera da veleni”. “Siamo la prima generazione costretta a guardare i nostri figli ammalarsi più di noi, in particolare di cancro. Sappiamo che solo il 5% dei tumori è di origine genetica, il restante 95% è dovuto alla tossicità dell’ambiente circostante. Un rapporto delle Nazioni Unite ha stimato 200.000 decessi l’anno a causa dei pesticidi”.

Alla domanda su cosa sia possibile fare in concreto e su quale ruolo possano avere cittadini e associazioni locali per promuovere la democrazia della terra, Vandana Shiva ha risposto di cominciare dall’alimentazione: “Noi siamo il cibo che mangiamo. Cibo che o distrugge la nostra salute o ci nutre. Credo che la connessione fra produzione e consumo del cibo sia il luogo in cui ritorniamo a curare la terra e a reclamare la nostra libertà. Noi non siamo consumatori, siamo parte della rete alimentare, possiamo scegliere e allora mangiare diventa un atto politico. Di sicuro è un atto economico perché ciò che mangiamo sostiene un sistema o l’altro. Non sapere cosa stiamo mangiando non significa solo vivere nella peggiore ignoranza, significa essere schiavi”. E ha poi confermato: “Anche le piccole realtà locali possono innescare il cambiamento: tutto ciò che vive inizia nel piccolo, il cibo inizia con un seme che è molto piccolo. Abbiamo circa 100 trilioni di batteri nell’intestino che cooperando creano tutto ciò di cui abbiamo bisogno. Se ci pensiamo come un batterio nell’intestino, capiamo che come comunità abbiamo reale potere”.

Soprattutto le regioni più piccole, come il Trentino – Alto Adige, ha assicurato, hanno migliore possibilità di successo nei momenti di transizione, perché le persone hanno la possibilità di lavorare insieme molto più da vicino. “Ognuno di voi si chieda come vorrebbe vedere il Trentino fra due anni e cosa deve fare per promuovere quel cambiamento”, ha concluso. Musica alle orecchie dell’associazione l’Ortazzo, che da dieci anni lavora nell’Alta Valsugana e sull’altopiano della Vigolana per promuovere il cambiamento attraverso incontri, laboratori e iniziative che diffondono le buone pratiche agricole, orticole ed alimentari.

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