La spiritualità “concreta” prende quota

Due filosofi in dialogo sui valori etici dell’andar per i monti: l’esperienza della montagna lascia un segno profondo

Non è mai singolare la montagna, ne parliamo sempre al plurale – Appennini, Alpi orientali e occidentali, Prealpi -, ma un elemento comune ad ogni ambiente montano è di essere considerato luogo che consente di fare esperienze per molti avvicinabili ad una dimensione spirituale, accessibile solo allontanandosi dai ritmi frenetici che la vita quotidiana e urbana impone. A indagare il rapporto tra "Montagna e spiritualità: oltre le cime" sono stati il filosofo Paolo Costa, ricercatore del Centro per le Scienze religiose di Fbk, e la filosofa Elena Nardelli (Università degli Studi di Trieste) nella conversazione che nella mattinata di sabato 27 aprile ha inaugurato in piazza Lodron, a Trento, una delle novità della 67ª edizione del Trento Film Festival: il Caffè Scientifico del Festival al Rifugio Moderno della Scienza, spazio di approfondimento dei progetti di Ricerca e Innovazione riservati alla Montagna, a cura di Fbk, Muse e altri enti di ricerca trentini, in collaborazione con Panificio Moderno.

Tradizionalmente, il concetto di spiritualità è legato alle pratiche religiose che mettono in contatto con il divino, ma per comprendere meglio il modo in cui le persone oggi vivono lo spirituale nel rapporto con la montagna sono necessarie cornici interpretative più ampie di quelle che le religioni e il Cristianesimo hanno messo a disposizione. “Camminando sui sentieri – ha detto Costa -, si vivono momenti di intensità tale da assomigliare all’esperienza del sacro: davanti alla maestosità delle cime, siamo spinti a riflettere sulla nostra vita e sul rapporto tra alienazione e autenticità. Andare in montagna è perciò occasione di conoscenza reale di se stessi e di trasformazione profonda del sé”. Spiritualità è fare esperienza di qualcosa che irrompe e fa pensare, ha commentato il ricercatore citando il dipinto del pittore Friedrich “Il Viandante sul mare di nebbia” (1818) -: “Le intense emozioni provate contemplando la montagna possono ricollegarsi anche al senso del sublime emergente nel confronto con l’assoluto, e perciò all’esperienza estetica che arricchisce la nostra capacità di comprensione”. Nel dialogo con il pubblico sono emersi altri spunti di riflessione: salendo il punto di vista cambia, relativizziamo i problemi, ci si ricarica e viene spontaneo domandarsi se la vita vera è quella che si prova immersi nella natura, ricettivi e aperti a nuove esperienze sensoriali che, una volta scesi, fanno nascere la voglia di tornare. La montagna è inoltre esperienza di libertà: “Nel salire ognuno trova il proprio ritmo e forme di relazionalità pure in un ambiente in cui ci si può trovare di fronte a difficoltà inaspettate. Il rapporto con la montagna è un processo in cui conta trovare l’equilibrio tra la parte attiva di noi e quella passiva che implica l’accettazione del limite”. Senza dimenticare che il corpo gioca un ruolo rilevante poiché la fatica fisica impone la riscoperta dell’essenziale, della dimensione del silenzio e della lentezza: “La spiritualità non è necessariamente una dimensione smaterializzata, consentendo il recupero del senso della propria corporeità e delle sue potenzialità quali ulteriori fonti del senso del nostro essere”. “C’è una pendolarità tra montagna e città – ha concluso Costa -: due luoghi in cui desideriamo vivere, ma sentendo che in montagna si vive una libertà selvatica, come l’aveva definita Reinhold Messner, e andare in montagna è anche fare i conti con emozioni di gioia, rabbia, paura, stupore, vivendo quell’esperienza di liberazione che secondo lo scrittore Paolo Cognetti rimane irrisolta, senza una risposta univoca all’enigma dell’esistenza”. Il campo di ricerca del fenomeno spirituale contemporaneo dovrà poi, come evidenziato da Nardelli, tener conto della fragilità dell’ambiente, interrogandosi sulle forme di turismo da promuovere di fronte ai cambiamenti climatici e sul “come dire” la montagna, senza idealizzarla ma consapevoli dei benefici che ha per la vita interiore. Se ci permette di scoprire qualcosa di nuovo su di noi, questo sapere va infatti utilizzato per costruire relazioni migliori in cui vi sia riconoscimento e accoglienza delle nostre stesse fragilità.

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