Allargamento Ue, scelta di democrazia

Antonella Valmorbida (Alda): “E’ un processo che non può essere messo in discussione. Ci sono ancora tensioni”

“Se tutti i Paesi dei Balcani non aderiranno quanto prima all’Unione Europea temo una regressione e una destabilizzazione di quell’area dove le tensioni sono ancora forti dopo le guerre degli anni Novanta che hanno causato la disgregazione della Jugoslavia e la creazione di nuovi Stati nei quali regna un forte stato di incertezza. E’ un processo che non può essere messo in discussione. Altrimenti si corre un rischio enorme. E avrà un impatto anche sull’Unione Europea. L’allargamento della Ue è una scelta di democrazia che va fatta”. Antonella Valmorbida è segretaria generale dell’Associazione europea per la democrazia locale (Alda) che, istituita alla fine degli anni Novanta come emanazione del Consiglio d’Europa, si è poi evoluta in una organizzazione alla quale aderiscono 350 tra enti locali, associazioni, Comuni, società civile di tutta Europa, ma anche oltre. La settimana scorsa era a Trento per partecipare ad alcuni incontri promossi dalla Casa della cooperazione internazionale allo sviluppo gestita dall’associazione Trentino con i Balcani insieme ad altre realtà di Farete. Uno degli spazi, in questo caso in piazza Santa Maggiore, del cartellone del Festival dell’economia. “Siamo nati nei Balcani e poi ci siamo diffusi nel resto d’Europa – riflette Valmorbida – costituendo le agenzie della democrazia locale, un progetto che intendeva accompagnare il processo di transizione democratico dopo le guerre degli anni Novanta”.

In che modo?

“Attraverso i territori. Avvicinando tra di loro le comunità locali, cercando di ricostruire il tessuto sociale in modo pacifico. L’ottica è quella della democrazia locale e partecipativa per favorire uno sviluppo di comunità”.

Concretamente, che fate? Qualche esempio.

“Sosteniamo progetti di comunità. Democrazia e sviluppo devono partire dal basso coinvolgendo gli attori e gli enti locali, la società civile, i cittadini che lavorano insieme su determinati temi quali, ad esempio, integrazione, sviluppo del lavoro, ambiente. In sintesi, definiamo dei piani di lavoro locali che mettiamo in relazione con l’Europa, le sue istituzioni. Faccio un altro esempio. Una decina di Comuni, di diverse parti d’Europa, si sono messi insieme per definire un processo unitario riguardo alle pratiche di integrazione degli immigrati. E’ stato così realizzato un prontuario che ha certo aiutato ad affrontare un problema di così vasta portata”.

Per intenderci, siete il tramite tra Bruxelles e i territori.

“Sì. Siamo in contatto permanente con le istituzioni europee che contano su di noi per ricevere le informazioni dai territori nei quali lavoriamo. Inoltre, siamo uno strumento per implementare, ‘arricchire’, le politiche europee”.

A Trento lei ha partecipato ad un confronto a più voci sul rapporto tra profit e no-profit nei progetti di cooperazione internazionale allo sviluppo, settore che in Trentino potrebbe essere soggetto a tagli drastici da parte della giunta a trazione leghista.

“Ci sono dei ponti tra profit e no-profit. Questa idea del mondo del profit bieco e cattivo ha vita breve, anche in quanto a sostenibilità. Sempre di più un’impresa sostenibile dialoga con il no-profit che, a sua volta, è ormai così grande che dà lavoro a molti”.

Non c’è il rischio di “trasformare” il no-profit in profit?

“Quello che vedo è che, ad esempio, ci sono delle aziende che si sostituiscono al pubblico, nell’offerta di servizi ma anche in altro. Comunque, non ho la percezione di un rischio. Piuttosto, è una situazione in fase di evoluzione”.

Cooperare per includere è un altro dei temi che sono stati affrontati. Come?

“L’idea è che, attraverso l’inclusione e il coinvolgimento dei territori, si possano avere migliori soluzioni ai vari problemi che si presentano, coinvolgendo attivamente i diversi attori locali”.

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