Semi di sviluppo

Damiano Moser, di Lavis, è un giovane agronomo. E’ stato in Ecuador per un anno, ad Ibarra, zona andina, per conto di una organizzazione non governativa, una fondazione che si occupa di sviluppo sostenibile a partire dall’educazione di bambini in stato di abbandono e comunque bisognosi di un’istruzione e dell’affetto di persone che si prendono cura di loro. Dopo un paio di settimane di frequentazione di un corso di formazione a Roma, Damiano è partito con altri cinque cooperanti nel settembre 2016 alla volta di questa cittadina, Ibarra – circa 150mila abitanti, il traffico caotico e un livello di inquinamento dell’aria elevatissimo dovuto anche all’uso di macchine e motori residui delle società industriali “avanzate”, agglomerato urbano che si trova al nord dell’Ecuador nella provincia di Imbabura a poche ore dal confine con la Colombia.

L’attività principale che ha svolto Damiano è stata quella di cooperare con la “fundación Cristo de la Calle”, un’istituzione che si occupa di minori abbandonati – situazioni di povertà di strada – accogliendoli in piccole case famiglia che rispecchiano per quanto possibile sembianze di affetti familiari e di crescita della personalità delle ragazze e dei ragazzi. Non disgiunta, questa attività, da un’altra nel campo propriamente agricolo con piccoli orti urbani che servivano al tempo stesso come campo di prova per l’educazione e al tempo stesso per garantire alcune colture utili per l’autosviluppo e per una piccola, modesta ma non indifferente, prospettiva “commerciale”. Così nell’arco di alcuni mesi (dal settembre 2016, quando è arrivato, all’agosto 2017) il giovane agronomo di Lavis, negli appezzamenti di cacao della fondazione – spazi piuttosto estesi, un centinaio di ettari, in aree immense – ha contribuito ad estendere impianti agro-industriali con colture adatte al clima tropicale. Occorre dissodare il terreno e serve un’adeguata potatura delle piante già in pieno rigoglio con una “gestione” oculata delle chiome e per questo servono seghetti e forbici, utensili il cui uso non è scontato in certe zone e per farli giungere – osserva Damiano – si è dovuto aspettare alcuni mesi. Insomma il cooperante trentino si è trovato a gestire una situazione di “educazione” elementare di agricoltura, dal taglio dell’erba, alla potatura – come farla, in che modo, elementi di agronomia spicciola – dice lui, con risultati che non è che arrivano lì per lì, serve pazienza e metodo, tanta pazienza. Le coltivazioni di cacao richiedono seguito e perizia, si deve procedere alla raccolta, alla fermentazione e successiva essiccazione e quindi servono aree di pavimentazione in cemento e tetti e camere di fermentazione. E poi saper anche collocare il prodotto in un ambito che risulta ostico essendo il prezzo fissato dai compratori e molto spesso ai piccoli produttori resta solo il “prendere o lasciare” obtorto collo, hanno pochissimo o nessun potere di contrattazione favorevole. Insomma un ambiente “economico” ostico e sovente ostile contrassegnato pure da un clima familiare non certo idilliaco: famiglie disgregare e lacerate, in cui risulta rilevante il ruolo delle donne, madri e sorelle, nell’andirivieni di mariti e padri che se ne vanno ad ogni refolo di vento, lasciando la responsabilità e la “gestione” familiare in mano femminili – sole le donne, ma forti, presenti e generose.

Il dato umano – sempre presente e ineludibile, quando si è a stretto contatto quotidiano con le persone – è risultato arricchente nel lavoro di Damiano Moser, faticoso e fruttuoso, ma senz’altro arricchente, in contesti in cui serve “calarsi” nella cultura degli altri, saperne cogliere i tempi e le cadenze, i ritmi che non sono certo quelli nostri, e che spesso associano un certo fatalismo e una dose di concezione del tempo lenta e come assopita. Assistere poi – e avere condiviso – cadenze di lavoro dure, 10-12 ore di fatica al giorno per 8 dollari non di più. Anche se la “Revolucion ciudadana” di Rafael Correa ha lasciato traccia in indubbi miglioramenti del sistema nel suo complesso, dal welfare di base, alla scuola, alla garanzia di alcuni diritti come quello alla salute che è diventata più estesa, periferica fin agli alti lembi andini e nelle zone amazzoniche. Ma la strada è ancora lunga, il cammino arduo e Damiano Moser ha una certa nostalgia di quei giorni, di quel cammino fatto insieme.

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