Ultimo viene il lupo…

Una suggestiva esposizione per valorizzare i temi della conoscenza e conservazione di specie animali rare e a rischio

Leone, orso, lupo, barbagianni, leopardo delle nevi. Così espressivi da sembrare vivi talmente fedele è la riproduzione di teste e corpi a grandezza naturale che trasmettono bellezza e ispirano senso di rispetto e protezione. Con "Wildlife", nuova mostra inaugurata venerdì 14 giugno nel “Piccolo vuoto" (fino al 12 gennaio 2020), il Muse – Museo delle Scienze di Trento fa spazio al talento e alle monumentali sculture animali di Jürgen Lingl-Rebetez, per la prima volta in Italia, e mette in dialogo il linguaggio scientifico con quello della scultura lignea, realizzata dall'artista tedesco noto a livello internazionale con un'originale tecnica di intaglio basata prevalentemente sull'uso della motosega, strumento che dà forma ad una spettacolare rappresentazione tridimensionale.

In posa regale, come il "Leone della speranza", che "guarda in avanti, forse verso il futuro… non si eleva per vittorie, ma per speranza, fiducia e fede. Mio figlio e mia figlia hanno messo un messaggio per il futuro dentro la scultura. Il leone è un messaggero attraverso i tempi", oppure a occhi chiusi come "Requiem", il monumento dedicato alla tigre – "il rapido sparire della tigre mi ha spinto a dedicarle un monumento alla memoria come avvertimento" -, o con sguardi che parlano, come quello del barbagianni – "per anni ho avuto una coppia di barbagianni che crescevano la loro prole nel mio luogo di lavoro, un onore essere accettato come convivente" -, e della iena – "hanno una cattiva reputazione e perciò vengono di rado rappresentate in arte. Non sta a noi umani giudicare la bellezza in natura" -, gli animali di Lingl-Rebetez trovano non a caso ospitalità e "rifugio" al Muse. Il museo punta infatti a valorizzare i temi della conoscenza e conservazione di specie animali rare e a rischio estinzione a causa dell'intervento umano o dei cambiamenti climatici, ora sperimentando anche il dialogo inedito tra arte e scienza, come hanno spiegato i curatori Osvaldo Negra e Patrizia Famà durante la presentazione avvenuta mercoledì 12 giugno insieme all'artista.

La mostra è costituita da più di 30 sculture in legno di abete raccolte in quattro nuclei tematici: i Grandi Carnivori, i gruppi delle specie artiche, di ambienti temperati, e un omaggio dedicato al cavallo, animale non minacciato, ma che l’uomo sta "dimenticando" dopo averlo reso un elemento cardine della sua storia.

La motosega, "mezzo comunemente associato a un atto di distruzione – scrive Angela Schaaf de Lavado nel catalogo -, serve a strappare dal legno vivo queste creature della natura selvaggia" e la tecnica scultorea di Lingl-Rebetez, basata su una profonda conoscenza anatomica, cattura lo spirito che vivifica il soggetto, per poi dare ulteriore verosimiglianza al corpo con i tradizionali strumenti da intaglio (scalpelli e sgorbie) e definire l'identità distintiva dell'animale con sapienti colpi di pennello con colori a olio che conferiscono ancora maggior realismo.

“Il messaggio dello scultore – scrive nella Prefazione il direttore Michele Lanzinger – è che le sue opere, al di là della potente fascinazione estetica, muovano nel visitatore che le osserva un'attenzione partecipata alle vicende di sopravvivenza degli animali ritratti. (…) Le informazioni a corredo delle specie rappresentate permetteranno di espandere l'appagamento visuale in un percorso di approfondimento che getta luce sullo status di conservazione, il presente complesso ed il futuro fosco di questi spettacolari compagni di viaggio evolutivo”.

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