Alle radici dei mòcheni

Ristampato lo studio dello storico trentino di toponomastica Ernesto Lorenzi che, nel 1930, realizzò il suo “Toponomastica Mòchena”, testo ancora oggi più che mai attuale.Sono passati quasi 90 anni ormai da quando, nel lontano 1930, lo storico e studioso trentino di toponomastica Ernesto Lorenzi diede alle stampe per la prima volta il suo “Toponomastica Mòchena”, un testo ancora oggi più che mai attuale per conoscere e comprendere il ricco patrimonio dei nomi di luogo delle nostre valli, in particolare della Valle dei Mòcheni, ma anche le origini di tanti termini dialettali tuttora in uso.

È questa la principale motivazione che ha portato l’Editrice Rendena, casa editrice di Tione da sempre attenta alla storia e alla tradizione del territorio trentino, a ristampare il testo in forma pressoché integrale e riproporlo nelle librerie nel 2019, quando, a conti fatti, la lingua mòchena continua ad essere parlata dalla maggioranza delle famiglie della valle.

Quella di Ernesto Lorenzi si rivela essere una ricerca sorprendentemente completa alla luce degli anni in cui è stata realizzata, basata su una vasta bibliografia composta da testi italiani e tedeschi, manoscritti, registri canonicali e carte topografiche: più di 200 pagine che non solamente sviscerano l’origine dei toponimi riguardanti i comuni di Palù del Fersina, Fierozzo e Frassilongo, i principali centri mòcheni, ma vanno a indagare gli influssi che la lingua nata dai coloni di origine bavarese insediatisi in Trentino dopo l’anno Mille ha avuto nelle comunità circostanti, da Pinè a Roncegno, spingendosi fino a Ronchi Valsugana e Torcegno.

Scopriamo così una lunga serie di curiosità linguistiche e ricostruzioni storiche, che parte dalle origini della comunità indagata attraverso i dati dei censimenti, i primi risalenti addirittura al 1335, fino all’etimologia stessa del termine “mòcheni”, che erroneamente ricondotta al verbo tedesco machen, fare, in realtà deriverebbe da un più dispregiativo mocken o muggen, parlare male nei dialetti franco e svizzero, con cui gli impiegati minerari germanici di Pergine schernivano la parlata a loro modo di vedere rozza degli abitanti della valle.

Segue un lavoro preciso e intenso di ricerca delle origini e delle mutazioni nel tempo di centinaia di lemmi, non solo della toponomastica locale ma anche dei principali cognomi delle famiglie mòchene, di cui Lorenzi ricostruisce storia, modifiche, diramazioni e spostamenti, il tutto supportato da racconti e aneddoti che aiutano a capire la composizione delle comunità trattate, seguendo le indicazioni di documenti storici che ci riportano indietro fino all’età medievale.

Quasi in conclusione del volume infine è da segnalare l’interessante confronto tra la lingua mòchena, il tedesco, l’italiano e il giudicariese, basato sulla traduzione della Parabola del Figliol Prodigo, il cui incipit è poi riportato nei 33 principali dialetti del Trentino, e un’imperdibile satira risalente agli inizi del 1800 che vuole rimarcare l’indipendenza dell’ironicamente autoproclamato “Regno Unito dei Mòcheni” contro il governo centrale del Dipartimento dell’Alto Adige.

Un’opera da riscoprire, per non disperdere la ricchezza del nostro bagaglio linguistico, culturale e storico, destinata, come sottolinea l’editore Piergiorgio Motter nella sua introduzione, non solo agli studiosi ma a tutti coloro che amano i paesi, le montagne ed i luoghi della “Valle dei Giganti”.

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