Nemici naturali della tignola

Agli inizi del ‘900 Giulio Catoni legava stracci intorno al fusto delle viti per catturare le larve e i vari parassiti e predatori. A distanza di 100 anni il metodo può ritenersi superato

Ai primi di luglio abbiamo chiesto informazioni sul grado di contenimento delle tignole dell’uva ottenuto con il metodo delle confusione a Nicola Caveden, tecnico viticolo della cantina Toblino di Sarche. “Controllando numerosi grappoli in fioritura nei vigneti di competenza della cantina situati vicino a boschi e quindi esposti a possibile infestazione ho trovato solo un nido. A metà mese ripeterò i sopralluoghi in vigneti situati nelle Giudicarie Esteriori e in Val del Chiese che si trovano ad una altitudine superiore. Probabilmente con lo stesso risultato. Gli erogatori di feromoni rimangono in funzione anche per la seconda generazione delle tignole, quelle che perforano gli acini e li fanno marcire”.

Gli stessi risultati li avremmo appresi anche consultando i tecnici che operano in altre zone viticole del Trentino.

Partiamo da questa premessa per continuare a parlare di Tignola e tignoletta dell’uva, ma riferendoci ai primi anni del ‘900, quando esse provocavano danni ingenti alla quantità e qualità delle uve da vino. Nell’articolo intitolato “Contributo per un metodo pratico di difesa contro le tignole dell’uva” pubblicato sull’edizione 1911 dell’Almanacco agrario Giulio Catoni documentava in termini drammatici la situazione.

“Da un’accurata inchiesta che ho istituito fra i principali viticultori risulta che in annate di forte invasione più di un terzo del raccolto dell’uva viene distrutto dai bruchi della prima e seconda generazione, non calcolando il danno derivate dalla deteriorata qualità. Il marciume dell’uva viene talmente favorito da ridurre il raccolto a meno della metà”.

Omettiamo la parte scientifica dell’articolo dedicata ai parassiti e predatori delle tignole che rappresenta una vera e propria lezione magistrale di entomologia applicata alla viticoltura che anticipa di 100 anni i messaggi che oggi provengono dai ricercatori e consulenti della Fondazione Mach.

Nella seconda parte dell’articolo Giulio Catoni propone e descrive un metodo pratico che definisce di sicura efficacia per il controllo delle tignole. Esso consiste nel disporre nella prima metà di agosto alla base dei tralci sul legno di due anni delle a fasce di tessuto tagliate a strisce di 25-30 cm. di lunghezza per 10-12 di larghezza. Può servire allo scopo ogni tessuto grossolano, purchè ruvido e che non abbia cattivi odori. L’allestimento di questi rifugi naturali per le lare delle tignole e i numerosi nemici naturali è descritto nei minimi particolari. Tra le pieghe di questi nascondigli si rifugiano oltre alle larve (bruchi) anche i ragni, le coccinelle, ma specialmente le larve dei parassiti.

Sarà cura del viticultore ritirare queste trappole a tempo; non troppo presto perché, soffocando con acqua bollente le crisalidi (stadio di passaggio tra larva e farfalla) si distruggerebbero anche gli insetti utili; non troppo tardi per non lasciar volare via le tignole.

Catoni si basa su esperienze vissute: le farfalline in Trentino volano via dalla fine di aprile ai primi di maggio. Gli insetti utili abbandonano il loro nascondiglio fra il 15 e il 25 aprile. Quando si vedono le prime farfalline si può stare certi che tutti gli insetti utili hanno abbandonato la dimora invernale.

L’articolo riporta nell’ultima parte alcuni dati riferiti alla applicazione delle fasce adottata su larga scala nel 1910 nei paesi di Romagnano, Mattarello, Aldeno e Lavis. A Romagnano, Mattarello e Aldeno furono applicate oltre 3 un milione di fasce ottenendo una media di nove crisalidi per fascia. A Lavis e Pressano il numero di fasce fu di circa 3 milioni e quello delle crisalidi ha raggiunto i 30 milioni con una media di 6-7 crisalidi in pianura e di 12 nella collina. Il numero massimo di crisalidi venne trovato a Pressano dove in un solo rifugio se ne contarono 112.

Non abbiamo dati sufficienti per stabilire in quale misura i quali altre zone de Trentino il metodo di Catoni sia stato applicato negli ani successivi. Nel documento dedicato alla storia della confusione nella Piana Rotaliana di mauro Varner e Luisa Mattedi si afferma che nell’edizione 1938 dell’Almanacco agrario l’agronomi Scipio de Schultaus di Lavis conferma la validità del metodo di Giulio Catoni definendolo efficace, ma costoso. L’argomento è stato ripreso nel 1994 da Cinzia Roat docente di entomologia agraria all’Istituto professionale di S. Michele.

Oggi, dice Luisa Mattedi, mancano le motivazioni economiche per riproporre il metodo di Giulio Catoni. Le tignole non sono più un problema grazie ai risultati ottenuti con la confusione che consente di realizzare un controllo quasi totale delle due specie di Tignola alle quali si è aggiunta una terza specie denominata Eulia.

Concludiamo con una nostra opinione.

Pur rispettosi del parere di Luisa Mattedi ci sembra che qualche ricercatore della Fondazione Mach potrebbe intraprendere uno studio sulla quantità e qualità di predatori e parasiti delle tignole in alcuni vigneti campione.

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