Alla scoperta degli antichi mestieri

Via della Villa è uno dei luoghi più antichi di Caldonazzo. Palazzo Graziadei si trova proprio all’ingresso di questa strada, vicino ad una vecchia filanda. Un luogo storico, posto giusto per ospitare il “Piccolo Museo Popolare”, allestito dal Gruppo folkloristico al secondo piano dell’edificio, le cui sale sono state date in comodato dal Comune a diverse associazioni del paese. Aperto da tanti anni, il Museo è rimasto chiuso lo scorso anno e ha riaperto, dopo essere stato ristrutturato e ripensato, il 22 maggio scorso.

All’interno delle due stanze che lo compongono, si trovano tanti oggetti che le persone del paese hanno portato nel corso degli anni. “Si è iniziato a raccoglierli tra il 1994 e il 1996”, spiega la maestra Agnese Agostini Menegoni, che fa parte del gruppo dagli inizi. “Il gruppo è nato nel dicembre 1994 su idea di Renzo Stenghel, con l’obiettivo di cercare le origini del paese e della gente di Caldonazzo”, racconta”. All’inizio, il Gruppo folkloristico si è concentrato proprio sulla “costruzione” del Museo e sulla ricerca storica sui vestiti di una volta per trovare un costume caratterizzante. “Alla fine abbiamo scelto il costume verde”, dice Agnese.

Le prime uscite, a Caldonazzo e Pieve Tesino, sono state nel luglio del 1997. In queste occasioni, vengono assoldati dei ballerini e il gruppo degli antichi lavori, composto da alcune persone che “ricreano” i mestieri di una volta. “Io, ad esempio, lavoro la lana con il mio mulinello”, spiega Agnese. “Tutti vengono, guardano e fanno domande, magari ricordando le loro nonne che lo avevano. Si tratta di un vero e proprio punto d’incontro”. Adesso le uscite sono diminuite, ma, tra il 2000 e il 2005, il Gruppo folk ne faceva anche 25 ogni estate. “Siamo andati anche in Slovacchia e a Sanremo, dove il tema era quello delle regioni d’Italia, e il gruppo di Caldonazzo era stato scelto per rappresentare il Trentino”, ricorda Agnese.

“Ci sono oltre 17 gruppi folk nella nostra provincia, ma quello di Caldonazzo è l’unico che, oltre ai balli, porta anche la tradizione degli antichi lavori”, ricorda Donatella Marchesoni, segretaria del Gruppo, che insegna da una decina d’anni i balli popolari tradizionali anche ai bambini delle elementari. Assieme a Claudio Ciola, membro del Gruppo, illustrano ai visitatori i vari settori in cui è divisa la mostra: tra le altre, ci sono le parti dedicate all’agricoltura, al lavoro delle donne e alla fienagione.

Una parte curiosa del Museo è dedicata ai bachi da seta che la maestra Agnese, da tre anni, alleva a casa. Un tempo, quest’attività era molto diffusa nella nostra zona. Con la scoperta della seta orientale e delle fibre artificiali, però, le filande in zona hanno dovuto chiudere. L’ultima a serrare i battenti è stata la Gavazzi di Pergine, nel 1949. Su idea di una biologa che lavora al Muse, Maria Vittoria Zucchelli, Agnese Agostini ha deciso di riprendere quest’attività.

Ogni anno, aspetta che i bachi crescano mangiando foglie di gelso, fino a quando, dopo trenta giorni, fanno il bozzolo, all’interno del quale avviene la metamorfosi: nasce la crisalide che diventerà farfalla. Perché la farfalla non rompa il bozzolo, dopo circa undici giorni, bisogna cuocerlo. Solo allora è possibile la trattura della seta, che Agnese mostra – “ricrea” – in Museo. Grazie all’acqua calda, i fili del bozzolo si separano ed è possibile farli girare sull’aspo. Agnese lascia però che alcuni bozzoli da lei allevati siano “spezzati” dalle farfalle, che muoiono dopo aver deposto delle uova. Nasceranno allora nuovi bachi, tenuti al fresco da luglio ad aprile.

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