Don Roberto, cuore e pennelli

Don Roberto Lorenzoni
Cles dedica una mostra di pittura dal titolo “Il paese dell’anima” alle opere di un sacerdote trentino novantenne, Don Roberto Lorenzoni, ora residente a Merano, dopo essere stato per molti anni parroco a Oltrisarco di Bolzano. La mostra sarà inaugurata venerdì 9 agosto alle ore 17.30, nella sala di esposizione del Palazzo Dal Lago (Piazza del Municipio) a Cles: resterà aperta ogni giorno fino al 23 agosto dalle 17 alle 19 e dalle 20 alle 22. Una collaboratrice di don Robertiografico. Negli anni dell’infanzia di don Roberto anche a Cles l’oratorio era il luogo in cui tutti i ragazzi s’incontravano per giocare a calcio con l’ unico pallone di cuoio, quello del prete, e per studiare il catechismo.

“Bertino”, come tutti chiamavano Roberto, passava molto tempo all’oratorio, dove fra l’altro conobbe come cappellano don Silvano Candotti, che si dilettava a tempo perso con colori e pennelli. Durante i campeggi estivi cercava di rendere sulla tela i meravigliosi spettacoli della natura: i ragazzi ammiravano ed apprezzavano. Bertino, entusiasta, cercava di far tesoro di quelle esperienze, così nacque il suo approccio alla tavolozza.

A 12 anni la decisione di entrare in seminario, dove si studiava, si pregava, si cercava di capire la propria vocazione e…si giocava a calcio! Era la passione del nostro ragazzo, così bravo da essere chiamato “el motorin”, abilissimo nel dribblare. Ma la passione per la pittura non l’aveva abbandonato e talvolta Roberto si comperava in negozio il materiale per il suo hobby. Il suo sguardo veniva attratto da quei tubetti di mille colori, piuttosto costosi e si doveva accontentare di qualche cartoccio di terre colorate, di un po’ di olio di lino cotto e acqua ragia. Ma anche a lui sarebbe piaciuto poter schiacciare i suoi colori da un tubetto.

Che fare? La necessità aguzza l’ingegno. Detto fatto: chiese ai suoi compagni di passare a lui i tubetti vuoti del dentifricio, che poi puntualmente riempie dei colori che ha preparato. Così può usare dei tubetti “veri”.

Il tempo passò e il giovane venne consacrato sacerdote. La sua responsabilità come cappellano a Borgo Valsugana e nella parrocchia del Duomo di Trento gli fecero dimenticare quell’arte tanto amata. Le sue doti le sfruttava solo per dipingere qualche angolo nella sede dei suoi lupetti o per allestire fondali e quinte per le recite in oratorio.

Nel 1961 venne inviato a Bolzano ad occuparsi dei giovani di lingua italiana. Erano tempi difficili politcamente e il suo mandato era di portare il più possibile un po’ di pace e di giustizia. Non c’era spazio per attenzioni di altro genere: la tavolozza poteva aspettare!

Dopo qualche anno don Roberto si mise a servizio della grande comunità del Santo Rosario di Oltrisarco che per 33 anni gli richiese molto impegno e tante energie. Non era tempo per distrazioni.

In pensione è stato accolto nella canonica della comunità di Maia Bassa a Merano, collaboratore del parroco. Gli è stato chiesto di fare un servizio alla piccola comunità di di Silandro: per altri 15 anni fino al 2015.

Ora deve usare il deambulatore perché viene meno con gli anni la forza nelle gambe (che un tempo gli permettevano di portare in montagna tanti gruppi di giovani) ma non la testa e l’antica passione. Ricordando la storia di quei tubetti quattro anni fa per Natale gli regalai il necessario per dipingere (pennelli, colori ecc.), ma rimase fermo nel cassetto perché alla sua età non pensava di riprendere in mano la pittura.

Organizzammo la festa del 60° di sacerdozio, tanto meritata per lui, e in quell’occasione con grande meraviglia ricevetti l primo quadro che lui, il Don, lavorando di nascosto, aveva dipinto per me: dopo un “letargo” artistico durato 50 anni!

Fu una gioia per me ma anche per tanti parenti e amici che apprezzarono la sua opera. Il “Don” in questo modo si è rimotivato a continuare la sua esperienza artistica.

Ora confida che davanti ad una tavolozza quasi perde il senso del tempo. Da quel giorno, dovendo trascorrere tanto tempo in casa, si è dedicato alle sue tele e ai suoi colori. La Musa lo ha assistito! Negli ultimi due anni è riuscito a regalarci più di 250 quadri. E si può constatare che progressivamente le sue opere dimostrano più padronanza, forza e sicurezza. Vista la sua passione per la montagna e la natura incontaminata, questi sono i temi prediletti.

L’ impressione è che don Roberto non riesca proprio a scendere da monti, laghi e boschi, ai quali è fortemente legato. Vette maestose che nel ricordo lo portano di nuovo, fisicamente, sulle cime da lui conquistate salito; le nebbie che di certo ha incontrato in queste ascensioni; le acque chiare e i riflessi singolari dei laghi … Tutto quanto si dice ‘natura’, ma anche, e soprattutto, quello che insieme sa regalarci: silenzio e pace.

Ammirando questi quadri, che “fanno bene all’anima quando li si guarda” (così si è espressa la sua dottoressa)è nata l’idea della prima mostra “Laudato sì’”, realizzata a Merano con la disponibilità di tanti amici nei prestigiosi spazi delle Vecchie Terme, nell’agosto del 2017; successo di pubblico e di consensi. Ora l’evento si ripete a Cles, paese natale di don Roberto. In tempi in cui tanti soffrono di solitudine e depressione, possiamo imparare da questo anziano sacerdote un esempio molto importante. Nonostante la sua malattia, nonostante i forzati “arresti domiciliari”, egli ha fatto della sua vita qualche cosa, che fa tanto bene a coloro che lo avvicinano.

L’obiezione potrebbe essere: ma io non so dipingere. Ma forse sai lavorare a maglia, scolpisci il legno, racconti storie della vita vissuta. Perchè no? Noi potremmo e meglio dovremmo recuperare dal “cassettino” più profondo che c’è in noi le nostre buone qualità per poi metterle a disposizione degli altri. Così avremo dato un senso alla nostra vita, eviteremo la solitudine e potremo dare gioia a chi ci sta attorno.

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