I gioielli di Santa Maria Maggiore

“L’iniziativa nasce nell’ambito del progetto di valorizzazione del patrimonio dei musei ecclesiastici”, spiega la vice direttrice Domenica Primerano

La mostra “La città e l’archeologia del sacro. Il recupero dell’area di Santa Maria Maggiore”, che verrà inaugurata venerdì 29 novembre alle ore 18.30 al Museo Diocesano Tridentino, costituisce un’occasione più unica che rara per cogliere appieno il significato dell’approfondita campagna di scavi condotta tra il 2007 e il 2011 nella Basilica di Santa Maria Maggiore a Trento e conoscere gli esiti di un ampio lavoro di ricerca che ha permesso di restituire alla città una fase importante e poco nota della sua storia.

La mostra propone per la prima volta al grande pubblico i reperti rinvenuti nel sottosuolo della chiesa di Santa Maria Maggiore e integra le novità emerse dallo studio di queste testimonianze archeologiche con le conoscenze già acquisite nei precedenti interventi effettuati sia nell’area di Santa Maria Maggiore che in altri punti della città. Visitando le sale del Museo, attraverso la proposizione di reperti riferiti anche agli altri luoghi di culto, come la Basilica di San Vigilio, Sant’Apollinare, la chiesa del Doss Trento, San Lorenzo, sarà possibile avere un’esaustiva panoramica dei siti archeologici riferibili alla Trento paleocristiana.

“L'iniziativa nasce nell'ambito del progetto di valorizzazione del patrimonio dei musei ecclesiastici promosso dall'AMEI (Associazione Musei Ecclesiastici Italiani) in occasione dell’anniversario dell’Editto di Costantino, che ha registrato l'adesione di più di settanta musei ecclesiastici”, spiega la vice direttrice del Museo, Domenica Primerano, mentre fervono i lavori di allestimento. “Del resto, da tempo l'arcivescovo Luigi Bressan sollecitava un'iniziativa che desse conto dell'esito dello scavo”. Una preoccupazione, quella di una puntuale informazione sui risultati, ben presente ai curatori della campagna di scavo, affidata al Dipartimento di Archeologia dell'Università di Bologna, fin dall'inizio dei lavori di restauro della basilica, che hanno preceduto e accompagnato lo scavo archeologico.

Il percorso della mostra si apre con un richiamo all'Editto di Costantino e dà conto della complessa transizione fra paganesimo e Cristianesimo, testimoniata da una serie di monete recanti temi iconografici diffusi in epoca costantiniana. “Altri reperti testimoniano la convivenza tra culti pagani e cristiani nella regione, mentre la sezione successiva illustra il ruolo strategico a difesa dei confini della Trento tardoantica attraverso i complementi dell’abbigliamento e dell’armamento di militari e di funzionari dell’amministrazione”, spiega Primerano. Poi l'attenzione si sposta sugli scavi condotti nel sottosuolo della chiesa di Santa Maria Maggiore, illustrati con un suggestivo video, e sulle trasformazioni che hanno portato ad edificare, su quella che in epoca romana era probabilmente un'area pubblica, la basilica paleocristiana di san Vigilio – “chiesa matrice della Trento cristiana”, come vuole lo storico mons. Iginio Rogger – e quindi la chiesa di Santa Maria come la conosciamo oggi.

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