Le “carte” del Seminario

Il promettente convegno sugli archivi dei Seminari, prmosso al Vigilianum martedì 15 ottobre dall’Archivio Diocesano Tridentino, è scaturito dal recente lavoro di inventariazione del ricco archivio storico del Seminario arcivescovile di Trento, con i suoi 461 volumi, 105 registri e 402 fascicoli a partire dal 1612 in poi. Il progetto, durato tre anni e portato a termine da Ornella Bolognese e Francesca Tecilla della cooperativa Koinè sotto la supervisione scientifica dell’Archivio Diocesano, è stato possibile grazie al co-finanziamento della Fondazione Cassa di Risparmio di Trento e Rovereto. L’importanza di tale operazione è data non solo dal fatto che i documenti attestano lo sviluppo della formazione del clero trentino, ma soprattutto perché attraverso il loro studio, si delinea la storia dell’educazione locale. Fin dalle sue origini seicentesche, il Seminario ospitava aspiranti allo stato clericale, ma annoverava anche tra i suoi convittori, cittadini laici che avevano come unico scopo quello di procurarsi un’adeguata istruzione. Il Seminario trentino non nasce subito come realtà diocesana; dapprima l’educazione del futuro clero era stata affidata, nel XVII secolo, alla Compagnia di Gesù presso l’edificio di via Roma accanto alla chiesa di San Francesco Saverio ed in seguito gestito dai Padri Somaschi. Solo nel 1771 l’allora Principe Vescovo Sizzo de Noris decide di seguire da vicino la formazione del suo clero, mettendo l’istituto in carico alla diocesi.

Il convegno è stata l’occasione per riflettere assieme a Maurizio Sangalli dell’Università per stranieri di Siena, sul fatto che la storia di questi istituti ha seguito nel tempo la storia del territorio sia politica che economica; ha risentito dei cambiamenti dettati da emigrazioni e fenomeni di inurbamento, ma ha saputo anche dare impulso alla storia delle scienze e delle arti. Proprio per iniziativa di alcuni professori del Seminario diocesano trentino nascono, infatti, sia il Museo di scienze intitolato a don Giacomo Bresadola ed ora conservato presso il collegio Arcivescovile, che il Museo Diocesano Tridentino, oggi realtà museale di spicco. Entrambi devono la loro origine alla lungimiranza di insegnanti che hanno ritenuto importante proporre ai propri studenti una didattica, come diremmo oggi, di tipo esperienziale.

I vari relatori hanno però messo in luce come l’istituto trentino sia assolutamente assimilabile ad altre realtà del vicino Triveneto: Venezia illustrata dal direttore dell’archivio del patriarcato don Sartorelli, Gorizia affidata allo storico Ivan Portelli e Vittorio Veneto il cui archivio sarà a breve riordinato, come bene raccontato dalle archiviste Nadia Giacomini e Francesca Girardi. Il confronto ha evidenziato come non solo la storia dell’educazione abbia seguito un percorso simile, ma come spesso anche le carte siano state soggette a destini molto affini. In tutti i casi, storici e archivisti hanno posto l’accento sul fatto che ci si trova di fronte a complessi documentari di grande importanza e spesso unici, che purtroppo sono stati soggetti nel tempo a molte dispersioni e suddivisioni arbitrarie causate, sia da eventi bellici, ma anche semplicemente da traslochi frequenti o cambi di gestione. Unanime quindi la richiesta di attenzione alla conservazione e alla valorizzazione di questo materiale che porta insito un potenziale tutto ancora da scoprire.

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