Pluralismo senza polarizzazione

Il giorno dopo la chiusura del voto nei circoli del PD è morto Giovanni Sartori, politologo famoso e a lungo polemico editorialista politico del “Corriere della Sera”. Una delle sue definizioni più note era quella che connotava il sistema italiano come un “pluralismo polarizzato”. A molti lettori la frase non dirà gran che e va spiegata.

Era polemica nei confronti della spiegazione che negli anni Sessanta aveva dato Giorgio Galli con la tesi del nostro sistema come un “bipolarismo imperfetto”. Erano i tempi in cui si pensava che il bipolarismo sul modello britannico, americano e presto magari anche francese e poi tedesco fosse una specie di perfezione della politica, l’alternativa fra conservatori e progressisti. Secondo Galli tendenzialmente avrebbe potuto essere così anche in Italia, visto che la competizione in sostanza era fra la DC e il PCI, solo che per ragioni interne e internazionali il PCI non poteva essere l’alternativa di governo, sicché il bipartitismo era appunto imperfetto.

Questa interpretazione considerava i partiti fuori della DC e del PCI come forze sostanzialmente poco rilevanti, che prosperavano solo perché l’alternativa fra i due grandi non era possibile. Sartori, che di suo non amava né la DC né il PCI, sosteneva invece che l’essenza del sistema italiano era data proprio dalla pluralità di forze politiche, ciascuna con le proprie radici e la propria ragion d’essere. Questo pluralismo era però polarizzato grazie al confronto fra DC e PCI che impedivano che la presenza di molte forze diverse non trovasse un sistema di coagulo.

La dissoluzione dei partiti classici della Prima Repubblica non ha diminuito il “pluralismo” delle forze in campo, anzi in più di una fase lo ha aumentato (ovviamente si può discutere quanto quella frammentazione meritasse la definizione di pluralismo e non fosse semplicemente frutto dell’opportunismo di leader e di gruppi, ma è un altro paio di maniche). Tuttavia in questo quadro sembrò che si salvasse il principio della “polarizzazione”: Berlusconi da un lato e il nucleo forte dei suoi avversari dall’altro fungevano da calamite per riportare i frammenti entro l’ordine di due campi distinti e alternativi.

Oggi ci si chiede se anche questa illusione non se ne sia ormai andata. Non è semplicemente questione del “tripolarismo” di cui tanto si parla, cioè del fatto che adesso oltre un polo diciamo di centrodestra ed uno di centrosinistra abbiamo anche il polo grillino che non solo non si sa bene come definire, ma che non vuole convergere in nessuno dei due. Il fatto più rilevante è che i due poli classici esistono solo nelle nostalgie di un po’ di sopravvissuti delle vecchie guardie.

Partiamo dal presunto polo di centrodestra. Che Berlusconi sia in grado di tenerlo insieme al momento sembra una favoletta per la buona notte. Salvini ripete quasi ogni giorno che non ha nessuna intenzione di mettersi in coda a quel carro, dentro la stessa Forza Italia crescono le correnti, Fratelli d’Italia al momento sembra propendere per la linea Salvini. Ma fuori di questo universo ci sono altre forze più o meno organizzate: il gruppo che va dietro a Fitto, quello che cerca di mettere in piedi Stefano Parisi e il nuovo partito per quanto nebuloso di Alfano-Lupi-Casini. Non sembra ci sia grande probabilità che qualcuno riesca davvero a calamitare questo universo in una qualche coalizione.

Il panorama del centrosinistra è più o meno lo stesso. I partitelli fuori del PD sono gruppi rissosi, senza linea politica se non quella della nostalgia dei tempi che furono (peraltro che furono nella loro immaginazione). Il PD non sembra in condizione di fungere da catalizzatore per l’odio assurdo contro Renzi che domina in quel campo fuori del partito e che è accarezzato in maniera irresponsabile anche da molti suoi quadri interni. La corsa a delegittimare qualsiasi risultato l’ex segretario raccolga è impressionante: solo persone che hanno perso il lume della ragione politica possono credere che attaccare ogni giorno il solo leader potenziale che hanno, sostenere che il partito perderà tutte le prossime prove elettorali, possa portare a qualche risultato. Senza un forte partito in grado di imporre la coalizione a sinistra e di tenerla sotto controllo verrà a mancare qualsiasi capacità per questo campo di essere alternativa di governo.

La preoccupazione per il futuro della politica italiana sta in fondo tutta nella consapevolezza che cresce il cosiddetto pluralismo mentre non c’è alcuno spazio per una polarizzazione delle forze in campo. Lo scenario peggiore per qualsiasi politica futura.

vitaTrentina

Lascia una recensione

avatar
  Subscribe  
Notificami
vitaTrentina

I nostri eventi

vitaTrentina