Viticoltura, 130 ettari di territorio coltivato colpiti dalla flavescenza dorata

Circa 130 ettari di territorio coltivato in Trentino sono stati distrutti dalla flavescenza dorata della vite, una malattia epidemica che si propaga attraverso un piccolo insetto vettore, lo Scaphoideus Titanus. Lo riporta Matteo Trentinaglia, direttore di Acli Terra del Trentino.

La distruzione ha riguardato 650.000 piante, secondo i dati messi in evidenza da Acli Terra del Trentino. “Le misure di profilassi messe in campo fino ad oggi – afferma Trentinaglia – hanno riguardato l’estirpazione delle viti colpite, indennizzi pubblici e alcuni trattamenti con prodotti che, nel recente passato, si sono dimostrati inefficaci e poco funzionali al contenimento della malattia. In conseguenza di ciò, in alcune zone produttive quali il comune di Trento, l’Alta Vallagarina e la Valsugana, il fenomeno ha assunto proporzioni preoccupanti con pesanti ricadute sui bilanci di molte imprese agricole ed in modo particolare sugli impianti di Chardonnay, Pinot nero e Pinot bianco“.

Matteo Trentinaglia, presidente di Acli Terra del Trentino

Secondo Acli Terra del Trentino, questa situazione è dovuta in particolare “al mancato accoglimento, nel 2019, degli indirizzi provenienti dalla Fondazione Mach di utilizzare, in deroga ai protocolli di intesa, alcuni principi attivi che risultavano efficaci nella lotta alla malattia. Il mancato accoglimento di quella proposta, adottata solo a partire dal 2021 con i primi, seppur tardivi trattamenti, ha portato ad una diffusione preoccupante della flavescenza che rischia di moltiplicarsi ancora di più nei prossimi anni dato anche il lungo periodo di incubazione della malattia”.

Ora, afferma Trentinaglia, occorre “una maggiore sinergia e dialogo all’interno di tutto il sistema agricolo trentino rappresentato dall’Assessorato provinciale all’agricoltura, dalle Organizzazioni professionali, dalla Fondazione Mach e dal sistema cooperativo. L’obiettivo condiviso deve essere la tempestività delle misure di profilassi, la lotta al degrado e all’abbandono delle colture (che rappresentano dei moltiplicatori importanti della cicalina responsabile della malattia), la ricerca applicata, il coinvolgimento e la responsabilità dei singoli produttori nel rispetto delle misure di contenimento”.

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