Battesimo, abbraccio di comunità

Dal confronto diocesano di sabato scorso il richiamo al ruolo di accompagnamento e di responsabilità dell'intera parrocchia

"La Chiesa non è un'agenzia che appalta servizi e il compito dell'iniziazione cristiana è affidato non solo a voi, ma all'intera comunità. In un tempo in cui assistiamo ad un vertiginoso calo nella richiesta del battesimo, dobbiamo ripartire dalla comunità, avere più fiducia in essa e andare oltre i nostri schemi: accogliamo chi si avvicina non imponendo regole, ma proponendo e coltivando il dialogo anche dopo il percorso di preparazione al battesimo".

L'arcivescovo Lauro è intervenuto con fermezza al termine del convegno "Il battesimo dei bambini. Dal dono della vita al dono della fede", promosso dal Centro di Pastorale Familiare e dall'Ufficio catechistico della Diocesi, svoltosi sabato 13 maggio nell'aula magna del Vigilianum, a Trento. Un aggiornamento dedicato agli operatori pastorali che preparano le coppie di neogenitori che chiedono il battesimo per i propri figli e un'occasione di formazione e confronto attraverso una serie di cartelloni e stand informativi allestiti all'ingresso del Vigilianum sulle esperienze presenti in diocesi.

"È giusto battezzare un bambino inconsapevole? – ha esordito don Norberto Valli, docente di Liturgia al Seminario Arcivescovile di Milano che ha riportato le riflessioni del teologo milanese don Pierpaolo Caspani sul tema (vedi numro scorso) -: questa è una provocazione che interroga sacerdoti, genitori e operatori pastorali per capire che posto ha la fede in Gesù al di là delle più svariate motivazioni alla base della richiesta del battesimo".

Il battesimo è uno dei riti di passaggio che scandiscono la vita umana e nella richiesta si intrecciano molti elementi: integrazione nel gruppo familiare e sociale, occasione di festa, senso del trascendente, ma prima di tutto si tratta di delineare il valore del battesimo dei bambini. "Per i genitori cristiani è naturale donare al figlio ciò che dà senso alla loro vita perciò al dare la vita si associa anche l'introdurre il bambino alla vita spirituale, immergendola nel mistero pasquale dell'esistenza di Gesù". Si può obiettare che ciò costituisce una violazione della libertà, ma "abbiamo ricevuto la vita senza sceglierlo e anche l'educazione del figlio precede la sua libertà, è necessaria proprio perché, crescendo, maturi la capacità di prendere decisioni". Occorre perciò domandarsi quali pre-decisioni aprono la vita alla libertà e rendono l'uomo umano, ricordando che, anche in assenza di un atto di fede del candidato, il battesimo di un bambino resta "sacramento della fede" in quanto celebrato nella "fede della Chiesa". Per dare corpo ad essa, agli operatori pastorali spettano tre passi che costituiscono le linee di fondo della Pastorale battesimale indicate da don Caspani: accogliere i genitori, considerando situazioni famigliari irregolari non come impedimento assoluto ma ascoltando le loro attese e coltivando fiducia in ciò che potrebbero maturare durante il cammino; curare la celebrazione in modo che il battesimo veda l'effettivo coinvolgimento della comunità cristiana nell'accogliere il neonato al suo interno e considerare la professione di fede dei genitori come possibilità di prendere posizione "hic et nunc", con un gesto fatto liberamente per amore del figlio che può essere l'inizio di un percorso; assicurarsi che la scelta di padrini e madrine ricada su chi ha una pratica cristiana; curare l'accompagnamento successivo, promuovendo occasioni perché il dialogo avviato tra le famiglie dei battezzati e la comunità cristiana continui anche dopo la celebrazione, in modo da far fronte all'analfabetismo religioso dei bambini, nella consapevolezza che non ha senso fare distinzioni tra chi è vicino o lontano dalla Chiesa poiché pure le famiglie credenti e praticanti faticano a trasmettere la passione per il Vangelo ai figli.

"Siamo più preoccupati di dire quello che facciamo invece che di fare quello che diciamo – ha concluso don Valli -: dire "credo" esprime la disponibilità a lasciarsi coinvolgere, e il nostro diventare credenti non è un atto intellettuale, è un predisporsi a restare aperti all'irruzione di Dio".

"Credere è un'esperienza, un cammino, non una dichiarazione di certezza, ed è il sacramento che ti genera: accostarsi ad esso può rappresentare un punto di partenza per riavviare nuovi percorsi e ritrovare fiducia nella comunità", ha evidenziato anche l'arcivescovo Lauro. Appuntamento al 9 e al 16 settembre per proseguire il confronto con due nuovi incontri formativi.

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