Colombia, con la pandemia un futuro incerto

Medellin, in Colombia. Foto di Fabiano Martinelli

Flavio Veronesi di Rovereto si trova in Colombia, dove ha dato vita a una comunità Emmaus che si ispira al movimento internazionale fondato dall’Abbé Pierre. Da Pereira ha scritto agli Amici della Busta di Rovereto della situazione nel Paese, alle prese con la pandemia Covid-19.

Carissimi,

il virus ci obbliga a rimanere in casa. Attraverso le reti sociali abbiamo riflettuto sul messaggio del Papa e visto più volte la forte immagine di papa Francesco, solo, in piazza di San Pietro. Gesù aumenta la nostra fede.

Qui stanno aumentando i contagi e siamo solo al principio. La pandemia si sta diffondendo velocemente, gli ospedali sono in crisi, mancano respiratori e attrezzature, medici.

Il governo colombiano si muove con decreti, impone quarantene e cerca di aiutare i più deboli. La gente però continua a uscire nelle strade. Il governo manda la polizia, però è inutile, la gente esce di casa ugualmente… e hanno anche ragione.

La gente ha fame. Più del 60 per cento della popolazione in Colombia vive con un lavoro informale, senza prestazioni, senza una pensione. Lavorano per sostenersi, per mantenere la famiglia. Se non lavorano vendendo caffè, sigarette, frutta sulla strada, non mangiano; e adesso senza lavoro tutto si complica.

La fame adesso si sperimenta in maniera visibile e allora non importa la quarantena: o mangi o… ti ammali del Covid-19 e la gente preferisce correre il rischio.

Non possono pagare l’affitto e molti dormono sui marciapiedi con bambini e vecchi, preda facile del virus.

Papa Francesco ci avverte: arriva la fame. E la fame è una brutta consigliera.

Le statistiche del governo non sono molto corrette. Ignorano le grandi zone marginali, la costa pacifica, quella atlantica e i territori abitati dagli indigeni nella foresta. Lì il contagio è in aumento e le grandi distanze rendono difficile attuare misure e strategie efficienti.

La fame non si preoccupa del pericolo . Si fa di tutto per calmare le pance vuote dei bambini e dei vecchi abbandonati. E la gente pensa: la fame non la posso evitare, il virus forse sì…

Ad accrescere i problemi c’è la presenza della migrazione venezuelana in Colombia. Tra i due Paesi c’è un confine lungo più di mille chilometri. Il Venezuela, uno dei Paesi più ricchi del mondo, è oggi uno dei più poveri. Nel 2019 l’inflazione ha superato il 7.000 per cento! Un milione e mezzo di migranti è arrivato in Colombia dal Venezuela. Altri si riversano in Colombia per poi andare in Brasile, in Ecuador, in Perù. Ma con la pandemia tutti questi Paesi non ne vogliono sapere dei venezuelani e allora questi stanno ritornando in Venezuela. E’ una tragedia. Il Venezuela lascia passare solamente 300 persone al giorno, e sono migliaia.

Il contributo inviato dal Centro missionario di Trento con la Quaresima di Fraternità servirà per dare da mangiare ai più poveri che hanno perduto casa e lavoro. Solamente istituzioni come la Caritas e altre ONG si occupano di loro. Il governo fa quello che può. Una parte servirà anche per aiutare gli studenti: molti universitari lasciano, e alle elementari e al liceo è ancora peggio. Il debito del governo con le banche sarà altissimo, si sta preparando una riforma economica, il futuro è incerto.

Non è bello scrivere delle miserie, ma il futuro non sarà troppo bello. Dio ci aiuti per aiutare e avere fede.

Spero che l’Italia possa uscirne presto e cambiare mentalità. Riflettere su questa pandemia è un obbligo morale che dovrebbe far cambiare la politica.

Grazie per tutto quello che fate. Il buon Dio vi benedica.

(Flavio Veronesi è missionario in Colombia, nella comunità di Emmaus)

vitaTrentina

Lascia una recensione

avatar
  Subscribe  
Notificami
vitaTrentina

I nostri eventi

vitaTrentina