Balcani di cellulosa

Una ricca e interessante cinematografia, che solo eccezionalmente arriva nelle sale

Nelle opere dei registi slavi delle ultime generazioni – siano croati, sloveni, serbi, bosniaci o montenegrini – sono frequenti i riferimenti, espliciti o simbolici, o entrambi, alle guerre che, negli anni Novanta del secolo scorso, hanno disintegrato la Jugoslavia. Probabilmente non potrebbe essere diversamente. Perché, seppur la maggior parte degli autori non sia stata coinvolta direttamente sui vari fronti, in loro non possono mancarne gli echi e i racconti, per quanto giovani fossero al tempo.

Se in pochi casi, i più recenti, alcuni di questi film hanno intercettato il pubblico delle sale – come “Figlio di nessuno” del serbo Vuk Ršumović o “Sole alto” del croato Dalibor Matanić – per diversi altri il destino è l’oblio, magari dopo qualche passaggio nei festival specializzati e di nicchia o il riconoscimento circoscritto al Paese d’origine.

Il Centro per la formazione alla solidarietà internazionale di vicolo S.Marco a Trento ha iniziato a proporre, nei giorni scorsi, una breve rassegna, tra film e documentari di questi ultimi anni, “Kino Zvijezda (Cinema Stella, ndr)- I Balcani come non li avete mai visti”, in originale con sottotitoli in italiano (ingresso libero).

Un poker che ha preso il via con “Šanghaj gypsy” (2012) dello sloveno Marko Naberšnik qui al suo secondo lungometraggio. Racconto melò di una saga famigliare (quella dei Mirga), una sorta di “Padrino” in versione zigana, attraverso quattro generazioni, fino alla dissoluzione della Jugoslavia. Il film è tratto dal romanzo “Nedotakljivi (mit o Ciganib)” di Feri Lainšček, tra i più prolifici e brillanti scrittori e sceneggiatori sloveni.

Lunedì 24 ottobre (alle 20.30), in “macchina” “Krugovi” (2013) di Srdjan Golubović, che ha riscosso apprezzamenti alla Berlinale. Il regista serbo prende spunto da una storia vera, quella di Srđan Aleksić, giovane attore originario di Trebinje, nel sud-ovest della Bosnia Erzegovina. Viene richiamato nelle fila del Vrs, l’esercito della Repubblica Srpska, nel 1993. Nel mercato della cittadina assiste alle percosse di un amico d’infanzia, Alen Glavović, musulmano, da parte di una pattuglia di miliziani suoi commilitoni. Ne prende le difese e viene massacrato dai paramilitari che vestivano la sua stessa divisa, fino a morirne, dopo dieci giorni d’agonia. Alen riesce a fuggire e a riparare all’estero. Ogni anno ritorna a Trebinje, sulla tomba dell’amico. Degli assassini, dopo la guerra due sono stati condannati a pene irrisorie, un altro è morto durante il conflitto e del quarto nessuno sa più nulla.

Il 31 ottobre (ore 20.30) è la volta di due documentari. Il primo, “Lud za tobom” (2013) del montenegrino Danilo Marunović, segue la vita dei pazienti di un istituto di salute mentale, in particolare di un paio di loro. Il secondo, “Lijepo mi je s tobom znaš” (2015) della croata Eva Kraljević racconta la storia della regista e della sorella affetta dalla sindrome di Down.

La rassegna si concluderà l’11 novembre a Caldonazzo (sala Marchesoni, piazza Municipio) alle 21 con la replica di “Lijepo mi je s tobom znaš”.

Coinvolti nell’organizzazione anche Balkan florence express, Osservatorio Balcani e Caucaso, associazioni “Ciak” e “Trentino con i Balcani”.

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