Somalia, anno zero

L’ambasciatore in Italia: “La Somalia è un popolo resiliente”

Una riunione bellissima, commuovente si è svolta in un sabato pomeriggio di shopping natalizio, il 16 dicembre scorso, alle scuole medie “Garbari” di Pergine Valsugana. L’incontro tra le associazioni di volontariato impegnate per la Somalia e l’ambasciatore somalo in Italia Abdirahman Sheik Issa Mohammed è stato davvero carico di umanità e di speranza.

Umanità perché si sono incontrate vite vissute – spesso intessute di sofferenze e disinganni – e il rappresentante legittimo di un governo che per la prima volta dopo anni e decenni rappresenta le aspettative e le ansie della popolazione somala che per tanto, troppo tempo è stata allo sbando in quello che era considerato un territorio senza stato, senza istituzioni e diviso per bande con la sola legge della giungla come tratto essenziale e nefasto.

Speranza perché pare che qualcosa di nuovo avvenga – sia già in parte avvenuto. L’elezione di un nuovo parlamento, alla fine del 2016, con la gente che si è riappropriata di una parvenza, almeno, di un qualche senso delle istituzioni. L’elezione di un nuovo capo dello Stato e il fatto che ci sia un ambasciatore accreditato in Italia è un significativo segnale di un senso, finalmente, di stabilità premessa per l’inizio di un cammino di una vera e propria pacificazione.

L’ombra cupa degli Shabaab continua ad aleggiare sulla Somalia ma anche se colpi di coda sono terrificanti come la strage di qualche giorno fa, forse per la prima volta da molto tempo il trio negativo e mortifero di terrorismo, pirateria e fame può essere spezzato e aggredito con più convinzione e determinazione.

“La Somalia è un popolo resiliente”, ha ricordato l’ambasciatore. Un popolo che ha molto sofferto in questi anni. Molti somali sono stati costretti a scappare all’estero, nei Paesi vicini o in Europa, in Italia soprattutto, dato anche il particolare legame per il suo trascorso coloniale.

Tante cose occorre cominciare a fare. Ad esempio, impedire l’abbandono delle campagne: Mogadiscio ha ormai raggiunto i 3 milioni di abitanti, è una capitale superaffollata e ipertrofica dove si raduna un quarto di tutta la popolazione somala. Ritornare alle campagne, garantendo però la possibilità dell’acqua per l’irrigazione e la coltivazione oltre ad una zootecnia capace di un minimo di produttività e guadagno. Se l’economia somala non è al collasso è per le rimesse degli emigrati, che hanno sempre assicurato soldi per le loro famiglie; denari guadagnati a caro prezzo, spesso con lavori sottopagati e senza garanzie di alcun tipo.

Della diaspora somala diffusa in tutto il mondo fa parte il 14% della popolazione ha detto l’ambasciatore, che parla un perfetto italiano avendo fatto gli studi universitari a Roma tanti anni fa. Chi ritorna mette poi a disposizione anche il proprio know-how acquisito all’estero ed è tutta ricchezza immateriale che si trasforma in possibilità economiche sposandosi ad un’innata propensione al lavoro parsimonioso da parte di quelle comunità (non è vero che gli africani sono pigri, hanno certamente tempi diversi rispetto alla fretta e alla frenesia del mondo occidentale!).

Il fatto che il Rettore dell’Università di Mogadiscio sia venuto recentemente in Italia per incontrare il mondo universitario testimonia di un impegno per rinnovare le stesse istituzioni scolastiche e far sì che siano al passo coi tempi. Per esempio sostituendo il desueto e minoritario idioma italiano (lascito del colonialismo d’accatto fascista) per sostituirlo con altra lingua più cosmopolita come l’inglese.

Insomma, c’è molta strada da fare, ma forse c’è davvero la possibilità – oggi – di percorrerla senza soverchi condizionamenti esterni. Avanti!

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Vicinanza e solidarietà concreta

Per l’incontro con l’ambasciatore somalo a Pergine sono arrivate persino da Milano due donne animatrici di un gruppo culturale. Poi ci sono nomi storici del Cuamm-Medici con l’Africa come Carmelo, Cornelia, Fabio, Laura. E dalla val di Fiemme è giunto don Elio Sommavilla di Water for Life, “zio” di duemila orfani, una delle sue meraviglie nei lunghi anni di permanenza come geologo e come cristiano in Somalia. Un suo cruccio è come fare arrivare acqua potabile per tantissima gente; c’è l’acqua – ha detto – occorre scavare più profondo oltre le falde dell’acqua troppo magnesiaca. E’ venuto anche Fausto Gardumi dell’associazione “Una scuola per la vita” a fare presente che far arrivare un container è un’impresa impossibile a Mogadiscio tra costi eccessivi, ritardi, burocrazia, corruzione. Chiede all’ambasciatore di interessarsi. E poi ci sono Nasra e Stefania, i volti dolcissimi di queste giovani donne, l’una somala, profuga, l’altra italiana, studi africani a Bressanone che animano questa straordinaria associazione Kariba, nel decimo anniversario della sua fondazione. E’ molto bello questo incontro perché testimonia di un interessamento reale e diffuso, capillare. Duraturo e resistente nel tempo. In tempi come questi vanesi, un bellissimo esempio di vicinanza e solidarietà col martoriato popolo di Somalia.

R.M.

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