Conosciamo Egidio Bonapace, il rifugista

Il rifugista è il “padrone di casa” di quell’ambiente accogliente e sicuro, in cui trova ospitalità tutto il popolo della montagna. Con il suo stile, il rifugista contribuisce a creare il clima essenziale e positivo che ogni rifugio – dal più ardito al più classico – riesce a comunicare. Alpinista d’esperienza, il rifugista consiglia gli escursionisti, collabora nei soccorsi, presidia l’ambiente circostante: insomma è un maestro nella scuola della montagna. Gli oltre 130 rifugi del Trentino (quelli di proprietà della SAT, sono affidati a gestori qualificati) vengono ristrutturati con criteri ecologici.

Bonapace, il suo rifugio è famoso? Chi lo frequenta?

È dedicato a Giorgio Graffer, grande alpinista trentino, pilota morto in Albania nel 1940. In estate l’80% dei clienti sono stranieri, prima erano tedeschi, ma ora anche olandesi, francesi e qualche americano in più.

Perché ha scelto questo lavoro?

È stato un percorso obbligato, forse. Sono nato e vivo a Madonna di Campiglio, sono cresciuto in montagna. Ho studiato a Trento, prima mi sono dedicato allo sci agonistico, poi alla direzione sportiva. Sono guida alpina e sognavo di poter gestire un rifugio. Qualche volta nella vita i sogni si avverano.

Come si arriva a diventare gestori di rifugi?

È la SAT, la Società degli Alpinisti Tridentini, a scegliere fra quanti presentano alcuni requisiti personali (l’attività alpinistica, le lingue straniere, altre esperienze…) e varie competenze, come la conoscenza dei regolamenti. Diverso è invece per i rifugi privati, dove il rifugista è spesso il proprietario.

Come si vive al “Graffer”?

È una vita normale, scandita dagli orari degli escursionisti. La sveglia è alle cinque e mezzo d’estate, c’è la colazione per gli ospiti. Anche la cena è anticipata alle 18, perché alle 22… tutti a letto.

Come vi procurate l’acqua?

D’estate raccogliamo l’acqua piovana o di scioglimento dei ghiacciai. Viene stoccata in cisterne e resa potabile da appositi macchinari.

Come si trasportano i prodotti?

Ci sono diverse soluzioni. Per il mio rifugio li trasporto d’inverno con la motoslitta e d’estate con la jeep. Altri hanno la teleferica, i più alti l’elicottero.

Le piace la vita solitaria?

Sì, per gestire un rifugio deve piacerti. Ti aiuta a recuperare, dopo le giornate di grande affluenza.

C’è concorrenza fra i rifugi?

Non tra quelli della SAT, la Società Alpinisti Tridentini, dove i prezzi sono calmierati.

Si occupa anche di incidenti?

Il rifugista deve essere pronto a collaborare in caso di emergenze, ma deve lavorare soprattutto per la prevenzione. Dà consigli sulle vie, sui sentieri, sulle condizioni meteo. Dare informazioni in montagna è tutto.

Non dovrebbe essere scortese, quindi?

No, dovebbe trovare il tempo per dare gentilmente indicazioni preziose all’escursionista.

Come si alimenta di energia un rifugio?

Il mio è un rifugio fortunato perché attinge ai vicini impianti da sci, ma disponiamo anche di un un gruppo di emergenza a gasolio. Altri rifugi hanno solo generatori propri, altri centraline sui corsi d’acqua. C’è un rifugio ad energia eolica, quasi tutti contano su pannelli solari.

L’animale preferito?

L’ermellino – Jack l’abbiamo chiamato – che si trova vicino al mio rifugio: curiosone, scattante e simpatico.

È più bella la montagna d’inverno, o d’estate?

Domanda impegnativa. Forse, con la neve vedi sempre bianco, mentre l’estate i colori continuano a cambiare.

Riesce ad accordare il lavoro con la famiglia?

Nella vita si può far tutto, con la buona volontà. Ho due figli, 11 e 12 anni, quando non vanno a scuola vengono con mia moglie al rifugio. E mi sembrano soddisfatti di questa possibilità, talvolta il lunedì mattina li porto a scuola in motoslitta.

Qualcuno teme che il rifugio si trasformi in ristorante d’alta quota. Che ne pensa?

Credo che la Sat abbia trovato la via giusta. Nel rispetto doveroso delle leggi di sicurezza e di igiene, è bene però che il rifugio mantenga quell’aria mistica che gli è consona. Deve essere spartano, anche se i fruitori del rifugio hanno esigenze nuove. Dobbiamo riuscire a trasmettere loro uno spirito autentico di montagna.

Organizzate anche passeggiate e altre attività?

Sì, il nostro rifugio è una struttura poliedrica, sede di corsi, di giornate per studenti. È quasi una scuola per la montagna in alta quota. Ma dovrebbe esserlo ogni rifugio per quello che
trasmette, indipendentemente da quel che organizza. Già la costruzione, l’organizzazione, gli orari sono una scuola, e chi ci sta dentro dovrebbe essere il maestro.

Intervista realizzata dalla classe 2ª B delle scuole medie “Bronzetti” di Trento

La scheda:

Nome: Egidio

Cognome: Bonapace

Segni particolari: Maestro di sci e guida alpina, gestisce il rifugio “Graffer” in Brenta

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