Sergio Rosi, la guida alpina

È la più antica professione d’alta quota, perché fin dall’Ottocento gli alpinisti stranieri cercarono delle guide locali. Alpinista polivalente e capace, la guida alpina ottiene l’abilitazione dopo una selezione e un severo percorso formativo. Accompagna singoli o gruppi in escursioni su sentiero o ascensioni, guidandoli alla conoscenza e alla valorizzazione dell’ambiente montano.  Opera d’inverno e d’estate, insegnando varie tecniche: di scalata, alpinismo, soccorso, scialpinismo, ghiaccio. In Trentino, le guide alpine sono coordinate da un Collegio provinciale che opera con gruppi suddivisi per vallata.

Rosi, in che cosa consiste la sua professione?

Nell’accompagnare la gente in montagna. È stata storicamente la più antica professione d’alta quota: nelle Dolomiti risale ai primi dell’Ottocento quando i primi alpinisti inglesi cercavano qualcuno che li accompagnasse e si rivolsero ai cacciatori locali. Pensate che il Carè Alto è stato conquistato nel 1865 da Montgomery e Tylor ma erano accompagnati dalla guida alpina
Catturani di Campiglio.

Cosa l’ha spinta a questo lavoro?

Amo la montagna da quando avevo 17 anni, mi colpisce la grande varietà di aspetti che muta ogni cento metri di altitudine: ambienti, modi di vivere, climi, flora e fauna. Il Trentino è splendido, tanto che molti film di montagna sono stati girati da noi.

Ti piace il lavoro?

Se non mi piacesse non lo farei. La guida alpina è una passione; bisogna essere prialpinisti cioè avere quella filosofia di vita che ti porta ad andare in montagna non per divertirti usandola con altri strumenti (gli sci, le tavole), ma usando la montagna stessa come un immenso gioco, dove godere di arrivare in cima o raggiungere un rifugio o trovare il passaggio più facile nell’ambiente estremamente difficile.

Questa è l’arte della montagna, la gioia del salire. Si è mai trovato in difficoltà?

La montagna è ripida per definizione, è un ambiente difficile. Ma la professionalità e l’esperienza acquisita ti aiutano a diminuire le situazioni di pericolo, annullarle è impossibile.

Come ha reagito in quei casi?

Bisognerebbe saperle anticipare le situazioni… in ogni caso è decisivo mantenere sempre la calma. La bravura della guida alpina è capire i limiti del cliente – o, meglio, del compagno di cordata – per poterlo veramente aiutare.

Qualche volta ha dovuto fare l’esperienza del dolore?

Purtroppo sì. Ho perso il mio compagno di cordata, era più di un amico, un fratello, perché la corda non solo ti lega, ma ti trasmette emozioni e valori, impossibili da dire a parole.

Non le è venuto allora la tentazione di smettere?

No, perché credo che il mio compagno non avrebbe voluto.

Come si diventa guida alpina?

Bisogna essere buoni alpinisti, innanzitutto, preparati in tutte le discipline. Poi si presenta il proprio curriculum al Collegio delle guide: se viene accolto, c’è una preselezione sulle tre specialità: roccia, ghiaccio, sci. Si fanno corsi ed esami per diventare in tre anni aspiranti guide alpine. Dopo il praticantato si fa l’esame di guida alpina, anche internazionale.

Quindi siete professionisti d’alta quota?

Sì, preparati sia tecnicamente che teoricamente, anche sulla cultura generale della montagna: la storia dell’alpinismo, la geografia, la topografia, la flora, la geologia, ecc. ecc.

All’inizio si sentiva a disagio di fronte alla montagna?

No, ma ho capito presto che ci vuole molta umiltà, bisogna sentirsi piccoli davanti alla montagna. Quando si è giovani si pensa di spaccare… le montagne, invece bisogna imparare a  riconoscere il proprio limite, e rimanere un gradino o due sotto. Non si “conquista” la montagna, è lei che ci lascia andare e tornare.

Svolge altri lavori?

Svolgo un lavoro abbastanza complementare, ovvero il gestore del rifugio “Carè Alto” nel Gruppo dell’Adamello. È un rifugio prettamente alpinistico, vale a dire che ha conservato la funzione di punto d’appoggio degli alpinisti che poi salgono sulle cime, sui ghiacciai. D’inverno mi dedico allo scialpinismo, alle cascate di ghiaccio, alle ciaspole.

Come far crescere questa cultura della montagna?

Investendo sui giovani, avvicinandoli alla montagna. Con mio figlio ci sono riuscito, servono iniziative come la vostra.

La guida alpina ama dialogare o è un tipo schivo e chiuso?

Se una volta era il “cacciatore” timido che però conosceva tutto della montagna, adesso la guida alpina è diventata un professionista disponibile al colloquio, un “maestro d’alpinismo”, come dice la qualifica. Deve essere come un critico d’arte che sa guidare il visitatore, l’opera d’arte in questo caso è la montagna. Se hai chi te la spiega, l’apprezzi di più.

Intervista realizzata dalla 1ª B della scuola media “Bonporti” di Trento

La scheda:

Nome: Sergio

Cognome: Rosi

Segni particolari: Capogruppo delle guide alpine di Trento, gestisce da 17 anni il rifugio Carè Alto

vitaTrentina

Lascia una recensione

avatar
  Subscribe  
Notificami
vitaTrentina

I nostri eventi

vitaTrentina