“Non più dentro i singoli Stati”

VERSO IL 25 MAGGIO (3) Franco Ianeselli della Cgil del Trentino: la difesa del lavoro e le sfide sociali in Europa

Anche le organizzazioni sindacali guardano con attenzione al voto per il rinnovo del Parlamento europeo. Negli ultimi anni il loro richiamo all’urgenza di un cambiamento, che ponga al centro lavoro e tutele sociali, è stato costante, per evidenti ragioni e cifre che vale la pena ricordare: sono circa 27 milioni gli europei che non riescono a trovare un lavoro, di cui circa un quarto è composto da giovani, 120 milioni di cittadini in Europa vivono al limite della soglia di povertà o al di sotto di essa.

“La difesa del lavoro non può più avvenire solo nei confini degli Stati nazionali – interviene ai microfoni di Trentino InBlu Franco Ianeselli della segreteria della Cgil trentina – ciò significa che il movimento sindacale deve assumere la dimensione europea come la dimensione più importante. In concreto, l’Europa deve diventare lo spazio di contrattazione unitaria per la tutela dei lavoratori e, in generale, per avvicinare i cittadini in Europa. Se non riusciamo a costruire un’infrastruttura sociale anche delle parti sociali sull’Europa perdiamo questa scommessa”.

Dire Europa per il sindacato richiama diverse questioni. La prima riguarda il valore che il Trattato fondamentale sull’Unione europea affida alle parti sociali. “Per la Carta – precisa Ianeselli – le organizzazioni sindacali e degli imprenditori europei possono direttamente produrre atti normativi, pensiamo ai contratti a termine oppure all’orario, un ruolo che nelle Costituzioni dei singoli Stati non esiste. Negli ultimi anni questa possibilità è venuta meno, per aprire invece al metodo di coordinamento: ogni Stato nazionale cerca di adeguarsi a quelli che sono obiettivi dell’Unione europea e ci si confronta su come vengono raggiunti”.

Se dal punto di vista sociale tali obiettivi non vengono raggiunti, che succede? “In molti Paesi la strategia di Lisbona 2010 con il programma di riforme per la crescita e l’occupazione non è stata raggiunta – fa notare Ianeselli –, così come gli stessi obiettivi rilanciati in Europa 2020 sono stati rinegoziati e ridotti”. “Se per gli obiettivi di tipo macroeconomico sono previste sanzioni molto forti – aggiunge – invece per quelli sociali, che se realizzati porterebbero ad un’economia inclusiva, intelligente e coesa, non succede nulla. Da una parte a livello europeo ci sono meno interventi sociali, penso al sostegno al reddito, dall’altra gli obiettivi di sviluppo economico e sociale vengono assegnati alle singole nazioni”.

Secondo Ianeselli se il peso per uscire dalla crisi viene scaricato sulle spalle delle sovranità nazionali, se la competizione viene fatta meramente sul costo del lavoro e delle retribuzioni, si rischia di vanificare il progetto europeo. L’Europa dei territori e dei popoli deve saper andare oltre i parametri finanziari per arrivare alle persone e alla solidarietà tra lavoratori. In questa direzione è necessaria una riscoperta delle vocazioni territoriali come opportunità di scambio di nuovi modelli di sviluppo. Scriveva il sociologo Aldo Bonomi: “Le nuove alleanze transfrontaliere sono favorite dall’Unione Europea interessata a tutto ciò che permette di instaurare rapporti diretti con i diversi soggetti territoriali in campo, saltando la mediazione degli stati nazionali”. “In realtà – continua Ianeselli – si è investito poco per rafforzare la visione del sindacato transfrontaliero, ossia di cooperazione regionale tra territori su alcuni obiettivi. Oggi c’è un forte dibattito tra sindacati sull’apprendistato alla tedesca introdotto in Tirolo nella provincia di Bolzano per i giovani di lingua tedesca. Prevede un inserimento precoce dei lavoratori all’interno dell’azienda con una formazione esterna presso i centri di formazione professionale. Un modello che potrebbe essere adottato anche nelle regioni non di lingua tedesca. Un’altra opportunità da non sprecare è il programma europeo Garanzia giovani, da tempo adottato in Austria e che stiamo implementando anche in Trentino”. Il programma, rivolto a chi ha un’età compresa fra i 15 e i 29 anni, non è occupato e ha interrotto gli studi, offre nuove opportunità di inserimento lavorativo, di tirocinio, di apprendistato o di servizio civile. “Voglio ricordare anche il progetto europeo Modem, coordinato dalla Agenzia del Lavoro della Provincia autonoma di Trento, un‘iniziativa di mobilità transazionale che permette ai disoccupati di fare esperienza in altri paesi europei fino a 15 settimane”.

Sono solo alcuni esempi di “buone pratiche” verso la costruzione di un’Europa sociale, in una logica di sperimentazione, scambio di informazioni e sussidiarietà. “Il sindacato europeo deve saper interpretare questa nuova dimensione insieme sovranazionale e territoriale – sottolinea Ianeselli – e costruire dal basso il movimento, alleanze transfrontaliere, tra sindacati di piccoli territori”.

Perché la sfida per costruire un’Europa sociale parte dalla capacità di valorizzare l’unicità e la coscienza di appartenere ad un territorio, non per consolidare un’identità fissa, bensì la consapevolezza che il territorio non è qualcosa da sfruttare, ma al contrario produce valore economico nel momento in cui viene difeso e preservato. E anche qui non mancano le buone pratiche. “E’ il caso del Progettone, l’idea che i lavoratori disoccupati si possono rioccupare attraverso un’iniziativa intelligente di ripristino e di valorizzazione dell’ambiente, una risposta positiva che ha ridato dignità ai lavoratori che hanno perso il lavoro. E’ un modello sociale da esportare”.

(a cura di)

vitaTrentina

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